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sabato 14 dicembre 2013

BYOAIO - Bring Your Own All In One (Porta il tuo tutto in uno)

BYOAIO, l'impronunciabile e quindi inutilizzabile acronimo che ho appena inventato, sintetizza il concetto del Porta il Tuo Tutto in Uno.

Mutuando l'ormai noto BYOD (Bring Your Own Device) cioè Porta il Tuo Dispositivo (http://it.wikipedia.org/wiki/Bring_your_own_device), il concetto iniziale è stato successivamente  esteso anche con  BYOT (Bring Your Own Tecnology) , BYOP (Bring Your Own Phone) e BYOPC (Bring Your Own PC), fino al BYOAIO (Bring Your Own All In One) di cui sopra.

L'idea generale per le aziende è quella di consentire, anzi facilitare,  l'utilizzo degli strumenti personali anche nel contesto lavorativo, quindi di permettere ai propri collaboratori di accedere alle risorse condivise (rete internet, intranet, repository, documenti, stampanti, email, ecc.) tramite i propri Device (PC, Smartphone, Tablet, ecc.).
E' verificato che questo approccio, in un contesto di ufficio moderno in cui si lavora sempre con il computer e si è sempre connessi (Always On) alle reti Internet ed Intranet oltre che a quella telefonica, porta alle aziende soprattutto dei benefici ma anche degli oneri.

Infatti, se da un lato sicuramente è un risparmio per l'azienda, avvantaggia la rapida produttività di coloro che lavorano temporaneamente in quel contesto ed in generale favorisce la capacità di connessione delle persone, che quindi dedicano inevitabilmente più tempo alle attività portandosi sempre dietro i propri strumenti durante l'orario di lavoro ed anche oltre, dall'altro obbliga a dotarsi di sistemi (es. WiFi) che consentano il BYOD in modo facile e trasparente.
Fondamentale inoltre è l'implementazione di meccanismi di sicurezza per evitare che accessi non certificati o manovre incaute possano causare problemi sui sistemi aziendali.

Dal punto di vista del collaboratore che utilizza il proprio device anche in ufficio, la cosa solitamente dopo una iniziale naturale avversione non è più così mal vista, a patto che non generi dei costi aggiuntivi e che qualsiasi add-on (es. software) venga fornito dall'azienda.
In fondo il BYOD permette di non dover portarsi dietro sempre un doppio oggetto e di lavorare al meglio con uno strumento ben conosciuto che in ogni caso già si possiede e si utilizza anche nella vita personale.

Tornando al concetto BYOIAO, sembra ormai evidente che le varie proposte e richieste di mercato, supportate dalla nuove tecnologie, stiano convergendo verso l'oggetto unico. Uno strumento personale in grado di essere telefono, personal computer, office, libro, lettore multimediale, tv, telecomando, ecc., quindi un qualcosa di completo che include All In One tutte le funzionalità.

Le capacità  elaborative degli smartphone/tablet sono già al top, quindi in grado di poter supportare APPlicazioni sempre più complesse e funzionalità evolute di tipo Cloud.  
Per la gran parte delle esigenze anche lavorative sono già ampiamente sufficienti per capacità elaborativa, connettiva e grafica, solo nella ergonomia mostrano dei limiti dovuti alle piccole dimensioni.

In breve tempo avremo il nostro unico personalissimo All In One, sempre lo stesso, potentissimo, che ci accompagnerà in tutte le attività che faremo, in ufficio, a casa, in viaggio ecc.
Nei diversi ambienti ci sarà la possibilità di potergli associare velocemente dei device wireless a seconda delle esigenze (monitor, tastiera, proiettore, stampante, ....).

Nessuno potrà e vorrà più farne a meno del proprio Tutto in Uno, rifiuteremo l'utilizzo di qualsiasi altro strumento che ci verrà proposto perchè avremo il nostro inseparabile Lui (ho immaginato che lo tratteremo con dignità di persona).

Forse il BYOH (Bring Your Own Him) è alle porte.



Image courtesy of FrameAngel / FreeDigitalPhotos.net

mercoledì 11 dicembre 2013

Lo smartphone Android come un PC

(Articolo del Dicembre 2013 con in fondo gli aggiornamenti successivi)

Negli ultimi tempi mi sono trovato spesso a dover gestire delle emergenze lavorative senza avere un PC a disposizione dato che l'avevo lasciato in ufficio oppure dimenticato in macchina.
Così mi sono organizzato con il mio tablet Android per poter lavorare nel modo migliore anche senza il mio Notebook e devo dire che oggi non sento più tutta questa differenza.

L’esigenza era quella di poter comodamente leggere e scrivere documenti (funzionalità Office) ma soprattutto quella di riuscire ad avere un ambiente di sviluppo Web che consentisse di poter implementare nuove funzionalità, potermi collegare ed apportare modifiche ai siti che gestisco.

Partendo dal fatto che ormai anche uno smartphone di ultima generazione può essere paragonabile ad un PC Notebook per potenza elaborativa, per connettività, per performance grafiche e per capacità di memoria volatile e fissa (estendibile utilizzando degli storage in cloud), le difficoltà maggiori sono dovute alla limitata usabilità a causa delle piccole dimensioni del monitor, dell'assenza di una vera tastiera ed alla scelta delle APP più adatte per coprire tutte le esigenze.

Quindi, al fine di integrare le funzionalità del mio tablet, ho provveduto ad acquistare su eBay  i seguenti accessori:
  • Tastiera Bluetooth
  • Mouse Bluetooth
  • Cavo HDMI per la connessione alla TV
  • Cavetto adattatore SlimPort HD per collegare lo smartphone al cavo HDMI
(spesa totale meno di 50€).

Attenzione, non tutti gli smartphone e tablet possono essere collegati
Verificate prima se il vostro è compatibile con SlimPort o in alternativa con MHL (Mobile High Definition) e comprate il cavetto adattatore giusto. Fate inoltre attenzione alla qualità del cavetto che acquistate perchè inizialmente avevo preso una cinesata e non funzionava bene.

Altri cose necessarie chiaramente sono:
  • TV con porta di input HDMI 
  • Cavo di alimentazione micro-usb originale dello smartphone/tablet



Successivamente ho facilmente connesso tutto come illustrato nello schema seguente.


Le operazioni da fare sono:
  1. Associare con il Bluetooth la tastiera ed il mouse allo smartphone/tablet 
  2. Connettere il cavo HDMI da una parte alla porta di input della TV e dall’altra all’adapter SlimPort (o MHL)
  3. Connettere il cavo di alimentazione micro-usb alla porta di input dell’adapter SlimPort (o MHL
  4. Connettere il cavo di alimentazione alla presa di corrente
  5. Connettere l’adapter SlimPort (o MHL) alla porta micro-usb dello smartphone/tablet
  6. Accendere la TV e selezionare la porta HDMI come source input

A questo punto il desktop dello smartphone viene visualizzato sulla TV e si possono tranquillamente utilizzare anche  il mouse e la tastiera.

Risolto il problema più “hardware” mi rimaneva quindi di selezionare gli strumenti “software” più adatti alle mie necessità.

Dopo un po’ di scouting in rete e di prove effettuate, ho scaricato ed installato dal Google Play Store le APP che ritenevo migliori per il mio lavoro. Di seguito l’elenco diviso per area funzionale.

Office 

Cloud storage

File Manager

Text and Code Editor

Connection Manager

HTTP / PHP / MySQL Server

Altri tools


Aggiornamento di Ottobre 2014


Da quando a fine 2013 ho scritto questo articolo è passato quasi un anno, nel frattempo ci sono state alcune evoluzioni:

  • ho sperimentato positivamente una soluzione similare anche con un tablet Windows (leggi articolo),
  • ho acquistato uno smartphone Nexus 5 (molto performante quindi più adeguato allo scopo),
  • ho acquistato una Chromecast di Google,
  • Google ha rilasciato sulla App Chromecast per Android la funzionalità di mirroring che consente di visualizzare il display dello smartphone sullo schermo della TV in modalità wireless (funzionalità per ora abilitata solo su tablet e smartphone Nexus, ma esistono altre App alternative che fanno la stessa cosa).

Pertanto ora ho eliminato anche i cavetti MHL o Slimport per il collegamento alla porta HDMI della TV.

La Chromecast inserita nella porta HDMI della TV


Per quanto riguarda il software, è opportuno segnalare alcune nuove App disponibili che vanno ad aggiungersi a quelle indicate sopra:

Office





lunedì 9 dicembre 2013

Internet of Things


Chissà se finirà come in Terminator quando il 19 aprile 2011, come racconta il tenente Kyle Reese a Sarah Connor dopo essere arrivato dal futuro (2027), il super computer Skynet prese coscienza di se e 2 giorni dopo controllando di tutte le macchine attaccò il genere umano.

Dopo averne tanto sentito parlare ho la sensazione che sia prossima l’era dell’ Internet of Things.
Per chi non sappia cosa sia IoT, linko direttamente la pagina di wikipedia (http://it.wikipedia.org/wiki/Internet_delle_cose).

Si, perché della connessione ad Internet delle Cose sono anni che se ne parla, ma ancora non c’è diffusione di prodotti con funzionalità realmente percepite come utili ed utilizzabili dagli utenti comuni.

“C'è vero progresso solo quando i vantaggi di una nuova tecnologia diventano per tutti.” (Henry Ford)

La tecnologia è adeguata e matura da tempo per l’implementazione di servizi gestiti direttamente dalle Cose ma, a parte gli smartphone e le applicazioni di telecontrollo/allarmistica, non mi sembra ci sia stata ne’ una convinta proposta dei costruttori ne’ una grossa richiesta del mercato verso oggetti Always On (sempre connessi in rete) che diano del valore aggiunto riscontrabile. 

Il campo di applicazione è tuttavia vastissimo e quindi sarà inevitabile che arriveranno sul mercato una serie di prodotti di uso comune che offriranno utilities e servizi evoluti basati sulla connettività in rete. 

Gli oggetti si collegheranno per consentire il controllo da remoto da parte delle persone ma l’innovazione vera sarà che saranno in grado di interagire autonomamente anche con altri oggetti, si sincronizzeranno e auto-comanderanno in base alle configurazioni pre-caricate ed agli eventi che intercetteranno On Line.

Le cose, in base a quello che succede alle altre cose, saranno in grado di riprogrammare il proprio lavoro.
Dalla domotica ai trasporti, dalle spedizioni ai viaggi, dalla produzione industriale al retail, dallo shopping al marketing, in gran parte dei contesti si avranno impatti dovuti all’Internet of Things ed anche la nostra vita di tutti i giorni ne sarà condizionata.

Ci saranno oggetti che in autonomia controlleranno altri oggetti che a loro volta influenzeranno il funzionamento di altri ancora, in un circolo senza fine che per forza di cose non potrà essere privo di problematiche.
Si dovranno gestire deadlock reali, accensioni, spegnimenti o comportamenti indesiderati a causa di sequenze di eventi non previste che potranno innescare altri eventi a catena.

In verità tutte queste cose già esistono, già da tempo macchine controllano altre macchine in base agli eventi che registrano, ma non riesco ad immaginare cosa potrebbe avvenire in futuro, in un ambito esteso a tutti gli oggetti tecnologici, se la jungla globale dei collegamenti, servizi e funzionalità non fosse automatizzata e sincronizzata a dovere. 
Bisognerà mettere in conto anche disturbi sulle innumerevoli connessioni, sovrapposizioni di protocollo ed i probabili hackeraggi implementati per fini non leciti da tecnologici truffaldini.

Per forza di cose nascerà un’altra serie di prodotti sempre più evoluti il cui scopo sarà di governare tutta questa complessità; questo mi ha fatto pensare a Reese ed al Terminator, ma è solo una suggestione.


Image courtesy of digitalart / FreeDigitalPhotos.net

mercoledì 30 ottobre 2013

Come sminuire il proprio lavoro di informatico

Quante volte noi informatici siamo stati protagonisti o abbiamo ascoltato da nostri colleghi proposte di questo tipo: “Non lo portare in assistenza, te lo reinstallo io il PC” oppure “Ma perché compri quel software ? Te lo rimedio io crackato” .....e continuando 
Ti faccio io il sito web, poi mi paghi una cena”… e ancora 
Non ti preoccupare, al Database con Access ci penso io, non ci metto molto”…. 
L’Antivirus e Office te li porto io dall’ufficio, te li masterizzo
…. e così via. 

Tutti atteggiamenti di favore che ciascuno di noi ha avuto, probabilmente più di una volta, verso amici e conoscenti senza rendersi conto che stava sminuendo e dequalificando fortemente il proprio lavoro. 

Il termine “informatico” è utilizzato per definire una figura che include una grande varietà di professionalità come sistemisti, analisti, progettisti, architetti, programmatori, webmaster, designer, “smanettoni” ed esperti di computer in generale.
Ebbene, l’informatico è passato in 20 anni da essere generalmente considerato al pari di un “Guru”, il cui lavoro resta un mistero incomprensibile quasi magico, a “Nerd sfigato” che trova la sua soddisfazione soprattutto nel lavoro stesso che svolge e non nel premio che ne deriva. 

Ci siamo specchiati nella nostra bravura fine a se stessa senza renderci conto che nel tempo il nostro lavoro veniva sempre più percepito come semplice, già di per se gratificante per chi lo svolge e quindi non degno di un pagamento economico significativo. 

Abbiamo sentito spesso frasi del tipo “con il computer ci vuole poco”, “tanto il computer fa tutto lui”, “…e poi a te piace” proprio perché abbiamo abituato male i beneficiari del nostro lavoro,  che non chiamo clienti perché i clienti di solito pagano. 

Ci siamo dati la classica zappa sui piedi, abbiamo fatto passare il concetto che fare operazioni con il computer o sul computer è semplice, divertente e soprattutto veloce. 

Proprio sull’aggettivo “veloce” vorrei soffermarmi: quante giornate (o addirittura nottate) abbiamo buttato per fare installazioni, per cercare driver o per realizzare una pagina web adatta alla attività del nostro amico o vicino di casa ? 

Oltre al danno spesso anche la beffa, perché una volta che il lavoro è stato fatto e di cui aimè ormai ci siamo fatti carico, nascono sempre anomalie da risolvere, richieste di modifica o di spiegazione (con supporto telefonico H24) o addirittura lamentele immotivate dovute alla ignoranza informatica del nostro "amico" fruitore.
"Mi rifai la Homepage ?", "Mi aggiorni l'indirizzo ?.... e già che ci sei potresti cambiare anche i colori e il font ?", "Una mia amica mi ha detto che non riesce a raggiungere il sito, perchè ?".

Da questi nostri comportamenti, che più o meno tutti noi abbiamo riscontrato, sono scaturite una serie di importanti conseguenze come il continuo abbassamento delle tariffe e soprattutto la diminuzione della richiesta di lavoro nei nostri confronti, perché tanto c’è sempre un cugino, un amico o un amico di un amico che te lo rimedia, che lo fa gratis o per una cena pagata. 

Questo modus operandi nel trattare esigenze informatiche low profile, purtroppo ha contribuito significativamente anche a cambiare la visione dei grossi clienti che, nonostante esigenze molto più complesse di tipo enterprise, negli anni hanno fortemente dequalificato la nostra professione e di conseguenza le attività che le aziende fornitrici di software e consulenza informatica effettuano per loro conto. 

Tutto ciò per cosa ? 
Per ricevere ringraziamenti altrui, tra l’altro sempre più contenuti proprio perché “tanto per te è divertente e ci metti poco”, oppure per la propria soddisfazione di saper fare le cose ? 

Facendo un confronto con le altre professioni, 
quanti amici meccanici vi riparerebbero la macchina gratis passandoci ore ed ore ? 
Quanti amici idraulici vi rimedierebbero gratuitamente i pezzi della lavatrice da sostituire ? 
Quanti amici avvocati o commercialisti lavorerebbero senza onorario per giornate intere su una vostra pratica ? 

Una ultima riflessione la voglio fare sulla realtà innegabile che a crackare il software siano per forza di cose gli informatici stessi, programmatori che, spesso per il solo gusto di farlo, rendono disponibili gratuitamente programmi sviluppati da loro colleghi, magari a beneficio di entità che in altro caso l'avrebbero acquistato.

In modo cieco e addirittura autolesionista non si comprende che così facendo si  penalizza anche se stessi riducendo le risorse dell'intero mercato informatico e la considerazione che dall'esterno si ha di esso.

Meditiamo gente meditiamo.

Image courtesy of Naypong / FreeDigitalPhotos.net

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sabato 5 ottobre 2013

Introduzione al Web Marketing

Come da definizione, il Digital Marketing identifica un contesto di promozione e pubblicità, finalizzato alla proposizione di un prodotto o di un brand, in cui si fa uso di strumenti tecnologici come computer, smartphone, tablet, telefoni cellulari, game console ecc..

Il Web Marketing, anche detto Internet Marketing, è la parte fondamentale del Digital Marketing e si differenzia dai tipi di marketing tradizionali (Direct Marketing, Pubblicità su giornali, TV, Radio) e non convenzionali (Sponsorizzazione, Guerrilla Marketing), per il fatto di gestire le iniziative pubblicitarie  ed il contatto con la clientela sfruttando i diversi canali della rete Internet.

Gli aspetti che rendono preferibile il Web Marketing o quantomeno che lo rendono appetibile affiancato ai metodi tradizionali sono:
  • importanza sempre maggiore della Web Reputation di un brand o di un prodotto;
  • maggiore facilità di contatto con i clienti o potenziali tali;
  • maggiore efficacia nella fidelizzazione dei clienti e di collezionamento delle loro informazioni (dati anagrafici, email, numero di telefono, gusti, ecc. ), fondamentali per poter poi gestire proposizioni mirate ed indirizzare meglio specifiche campagne di prodotto;
  • influenza che le informazioni presenti in rete e facilmente consultabili  hanno sul Customer Journey (percorso di acquisto).
Naturalmente, alla base dei motivi del successo vanno considerati i trend di quello che sta avvenendo sulla rete in questi anni:
  • la crescita dei frequentatori abituali di Internet;
  • la crescita degli utenti iscritti ai Social;
  • la crescita utenti che preferiscono i giornali online alla carta stampata tradizionale;
  • l'aumento della frequenza di accesso e del tempo di persistenza sulla rete da parte degli utenti che sempre più spesso sono Always On grazie ai terminali mobili (Smartphone e Tablet);
  • l'aumento della fiducia degli utenti nell'utilizzo e-commerce e quindi la possibilità di collegare facilmente la pubblicità di un prodotto al successivo possibile acquisto.
Dal punto di vista economico, il Web Marketing offre in genere un rapporto costo/prestazione/risultati molto favorevole e consente di poter iniziare le campagne avendo anche un budget ridotto oppure investendo gradualmente e progressivamente in fasi successive con la possibilità di valutare volta per volta i risultati.

Infatti, altro elemento fondamentale ed abilitante rispetto ai vecchi metodi è la capacità di controllo in real time che ha chi gestisce la campagna pubblicitaria, grazie a funzionalità dette Analytics che fanno tracking delle attività degli utenti sulla rete, reporting, analisi/correlazione dei dati e consentono quindi di valutare la risposta dei clienti alle azioni di marketing intraprese.

Gli strumenti Analytics a disposizione sono sempre più completi, esistono dashboard di controllo per poter visualizzare i dati (es. click effettuati, pagine visitate, tempo trascorso sul sito, siti di provenienza, terminali ed aree geografica di collegamento, chiavi di ricerca utilizzate, ecc.) e poter agire tempestivamente in modo da migliorare il rendimento delle iniziative.


digital marketing
Image courtesy of Stuart Miles / FreeDigitalPhotos.net

Vediamo quali sono le tipologie di azioni che è possibile intraprendere per preparare una buona strategia di Web Marketing.


SEM - Search Engine Marketing

Un buon ranking (posizionamento) sui motori di ricerca è uno degli aspetti primari per avere visibilità e quindi aumentare il proprio business sul web.
Conoscendo a fondo i meccanismi di funzionamento dei motori di ricerca e rispettando di conseguenza determinati metodi, si possono fare delle scelte di posizionamento mirate, è possibile aumentare sensibilmente il numero di accessi al proprio sito e soprattutto la qualità di delle persone che vi accedono, intendendo per qualità l'attinenza del profilo degli utenti stessi con le tematiche trattate.
Le 2 attività possibili sono:
  • SEO (Search Engine Optimization), interventi di vario genere ed accorgimenti utili a migliorare il ranking e la visibilità del sito curando in particolare: 
    • Landing Page (Pagina in cui il visitatore arriva dopo aver effettuato ricerche o cliccato sui link e banner. Non sempre coincide con la Home Page)
    • Keywords
    • Links
    • Qualità dei Contenuti
    • Bellezza e Velocità del sito
  • PPC (Pay Per Click), rappresentato dal Keyword Advertising, cioè gli annunci a pagamento che compaiono sui motori di ricerca attinenti all'argomento ricercato dall'utente.


DEM - Direct Email Marketing

L'email promozionale, anche comunemente chiamata Newsletter, è ancora il canale di gran lunga più redditizio per il marketing sul WEB.
Il punto di forza è quello di poter raggiungere gli utenti target sulle caselle di posta personali, con la possibilità di costruire delle offerte mirate al loro profilo. 

Chiaramente, per la pubblicità su questo tipo di canale, grande importanza riveste la Mailing List che si ha a disposizione, il cui valore aumenta in base ai seguenti fattori:
  • precisione con cui gli utenti sono profilati ed associati in gruppi di interesse;
  • numerosità di indirizzi email;
  • qualità degli indirizzi email (molti utenti hanno email primarie, secondarie o addirittura trash).
L'Email Marketing ha anche degli aspetti di cui bisogna tenere conto per non compromettere i risultati della campagna o addirittura ottenere l'effetto contrario:
  • la facilità con cui gli utenti possono cancellarsi dalla mailing list;
  • la troppa frequenza di email ricevute o contenuti poco invitanti annoiano l'utente;
  • l'invio massivo delle email potrebbe essere considerato spamming dai server di posta e pertanto potrebbe essere bloccato.
Per limitare i primi 2 problemi, quando possibile, si preferisce aggiungere contenuti propositivi ad email informative utili per il cliente (es., l'assicurazione, nella email che comunica al cliente che è in scadenza la sua polizza, aggiunge anche un messaggio pubblicitario).

Analogamente all'Email Marketing, esiste l' SMS Marketing (in ambito Digital Marketing) che essendo ancora più invasivo per i clienti, va gestito con molta cura. In questo caso è fortemente consigliato associare l'invio dei contenuti propositivi con quelli informativi.    


SMM - Social Media Marketing

Il Social è l'ultimo arrivato tra gli ambiti di applicazione del Web marketing.
La visibilità del brand all'interno dei Social Network è diventato basilare, la Web Reputation ed il posizionamento all'interno dei motori di ricerca, sono fattori fortemente influenzati da quello che avviene all'interno di questi contesti e può incidere in modo decisivo sulle fortune commerciali di una azienda/prodotto.

Caratteristica fondamentale dei contesti Social è la interattività continua che si ha con i propri clienti, ne consegue che le iniziative (profili, pagine, community, gruppi, canali, ecc.) vanno seguite in tempo reale leggendo post, commenti e feedback degli utenti e cercando di cogliere le opportunità di marketing e di branding (proposizione del marchio).

I Social Media, pur mantenendo delle caratteristiche funzionali simili, in effetti sono molto diversi tra loro soprattutto per il target di persone che li frequentano, o meglio, per il diverso approccio che ciascun utente ha collegandosi ad uno o all'altro.
Alcuni (Personal Networks for Spent Time) sono più orientati alle socializzazioni personali ed argomentazioni ricreative, altri (Professional Networks for Invest Time) più professionali sono maggiormente frequentati per condividere informazioni riguardanti il lavoro o tematiche più serie e definite. (Personal vs Professional networks - Infographicsmania )

The-Mindset-Divide-Infographic-infographicsmania.com

Una buona gestione SMM deve tenere conto di questo e differenziare le azioni a seconda del contesto.

Ad integrazione delle attività sui Social Network, sempre più aziende sentono la necessità di avere anche un Corporate Blog per condividere approfondimenti ed aggiornamenti in modo più completo rispetto a quanto possibile sugli altri canali (sito aziendale o pagine dei social network).
Una buona esposizione ed argomenti interessanti, oltre che migliorare la Web Reputation, possono contribuire a fidelizzare ulteriormente i clienti ed influenzarli positivamente nel loro Customer Journey.

Come detto in precedenza, l'impegno per seguire Socials e Blog deve essere continuativo e di qualità, pertanto rivestono grande importanza le nuove figure professionali del Social Media Manager o Community Manager che devono conoscere molto bene le dinamiche del web, avere capacità di relazione online, di scrittura e pubblicazione di articoli e contenuti in genere.

Per farsi una idea dei numeri in ballo nel SMM e quindi dell'importanza che riveste per la aziende, consiglio di dare un'occhiata a questo articolo: Qual'è l'azienda più social ?


Banner Advertising

Il Banner, lo striscione in cui è possibile concentrare immagini, testi ed animazioni, è lo strumento pubblicitario più antico sul Web, viene mostrato quando la pagina che lo contiene viene aperta da un browser e la sua efficacia sta nella capacità di saper attrarre l'attenzione del visitatore in modo da portalo a cliccarci sopra e portarlo sulla Landing Page del sito di destinazione.

In gergo tecnico, l'avvenuta visualizzazione del banner viene chiamata Impression mentre il click dell'utente viene definito Click Through; su questi due eventi si fondano i sistemi di valutazione e pagamento delle campagne pubblicitarie basate su questa tipologia di strumento.
Ad entrambi viene associato un costo unitario che, moltiplicato per il numero di eventi conteggiati, fornirà il conto economico che l'azienda corrisponderà a chi ospita il banner.

Esistono agenzie di ADS che preparano e mettono in opera per le aziende le campagne con i banner  curando in particolare i seguenti fattori:
  • la rotazione su diversi siti/portali;
  • l'indirizzamento verso una utenza target: l'attinenza della proposta commerciale con i contenuti dei siti;
  • il timing delle esposizioni (fasce orarie, tempi di permanenza);
  • il conteggio di Impression e Click fino ad esaurimento del bundle acquistato.
Le statistiche dicono che negli ultimi anni l’efficacia dei banner è drasticamente diminuita se si considera il rapporto Click/Impression che valuta la riuscita di una campagna. 
Inizialmente il rapporto poteva arrivare vicino al 10%, mentre oggi è considerato un buon risultato anche un 2% in quanto la media invece è inferiore al 1%.

Probabilmente il banner ha perso gran parte della sua prerogativa di veicolare utenti verso il sito target, ma data la visibilità rimane inalterata la sua capacità comunicativa per accrescere o mantenere il posizionamento di un brand. 

Nella categoria vanno considerati anche gli Splash Screen (immagini che compaiono mentre la pagina sta caricando e coprono l'intero schermo o parte di esso) ed in generale le Pop-up page pubblicitarie 

Ultima specializzazione in ordine di tempo del Banner Advertising, è quella che li posiziona all'interno delle APP proposte al download gratuito sugli store, in tal modo gli sviluppatori si garantiscono almeno un minimo ritorno economico.    





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mercoledì 25 settembre 2013

martedì 24 settembre 2013

Dalla Spaghetti Integration alla SOA di ultima generazione

Spaghetti Integration

Nell’ impresa moderna, la gestione dei dati associati al business e' distribuita su un numero variabile di sistemi informativi aziendali (EIS - Enterprise Information Systems).
Si definisce EIS qualsiasi sistema aziendale che comprende dati, informazioni e processi necessari all'azienda per la gestione del proprio business.
I sistemi EIS:
  • Gestiscono aree indipendenti e separate di informazioni aziendali (CRM, OM, Marketing, ERP, Finance, Billing, Portal, SelfCare...)
  • Tendono ad espandersi in modo spesso disordinato e scorrelato
  • Sono estremamente eterogenei tra loro in termini di: rappresentazione dei dati, modellizzazione dei processi aziendali, interfacce.


I primi tentativi di integrazione, originati dalla necessita' di stabilire una interconnessione ad-hoc point-to-point tra sistemi, hanno portato a un modello di integrazione povero e inutilmente complesso, soprannominato Spaghetti Integration.


Riassumendo, gli aspetti negativi della Spaghetti Integration sono:
  • Specifiche di integrazione definite in modo disordinato dai referenti dei singoli sistemi (gruppi di lavoro differenti) e non seguendo direttive comuni
  • Molteplicità di protocolli e dI tecnologie utilizzate
  • Lentezze nello sviluppo e nella manutenzione delle integrazioni per i flussi Enterprise (processi dati che impattano su diversi sistemi della architettura IT)
  • Difficoltà nel controllo di processi e flussi che attraversano la catena dei sistemi
  • Impossibilità di avere una governance centralizzata.


Enterprise Application Integration

L’ Enterprise Application Integration (EAI), il cui Il concetto chiave e' la centralizzazione delle comunicazioni e delle funzionalita', e' il primo approccio alla soluzione per una integrazione corretta ed efficente.
Questo approccio, la cui diffusione ha inizio nella seconda metá degli anni 90, prevede un layer applicativo centrale (Middleware) che funge da intermediario nelle comunicazioni tra i sistemi e fornisce servizi MOM (Message Oriented Middleware) di piattaforma di base (messagingload balancing, fault tolerance, transazionalita'...).
I sistemi risultano in questo modo debolmente accoppiati, in quanto non devono piu' comunicare direttamente l'uno con l'altro, ma unicamente tramite un Broker di integrazione preposto al routing dei messaggi (modello hub-and-spoke).


Al fine di razionalizzare il numero e il tipo di connessioni tra i sistemi e, conseguentemente, le attivita' aziendali, i principi cardine dell'EAI sono i seguenti:
Integrazione dei processi di business
  • Transazioni di business che coinvolgono molteplici EIS devono essere trattate come unita' logiche
  • Per l'implementazione di tali transazioni di business, deve essere possibile definire Workflow complessi che coinvolgano molteplici EIS
  • Eventi di business devono poter scatenare azioni globali che si estendano oltre il dominio del singolo EIS
Integrazione delle applicazioni
  • Le funzionalita' di business implementate da un'applicazione devono essere esposte e rese disponibili alle altre applicazioni
Integrazione dei dati
  • I dati devono essere condivisi e distributi attraverso molteplici EIS differenti
  • Devono essere garantiti l'allineamento e la consistenza dei dati
Con l'adozione da parte delle imprese di metodologie e tecnologie di integrazione EAI, si riscontrano i seguenti benefici:
  • Razionalizzazione dei flussi e degli sviluppi
  • Maggiore disponibilita' delle informazioni distribuite attraverso le isole applicative aziendali
  • Risposte piu' rapide alle nuove opportunità di business con conseguente riduzione del Time-to-Market
  • Maggiore efficienza e migliore qualità dei servizi offerti
  • Maggiore controllo sui processi di business
  • Un supporto piu' efficace ai processi decisionali aziendali
  • Un aumento dell'efficienza dei processi aziendali nel loro complesso. 


Da EAI a SOA (Service Oriented Architecture)

L'approccio EAI si e' dimostrato vincente nel fornire soluzioni efficienti di integrazione, ma esistono alcune limitazioni nell'architettura EAI che ne limitano la capacita' di fornire una soluzione completa al problema dell'integrazione aziendale:
  • Architettura monolitica: soluzione server-centrica, centralizzazione dei processi di integrazione, architettura Hub-and-Spoke
  • API proprietarie, formati chiusi/non-standard
  • Modalitá di integrazione vincolata alle caratteristiche del MOM utilizzato
  • Architettura chiusa verso il mondo esterno (business partner, clienti), difficilmente accessibile dalla extranet
  • Soluzione che lega le aziende a prodotti specifici e soluzioni proprietarie non standard offerte dai vendor EAI
  • I progetti di integrazione in StartUp hanno una lunga durata (20+ mesi) per introdurre il middleware nella architettura generale ed adeguare tutti i sistemi.
A partire dai primi anni 2000 all'interno delle aziende con una IT complessa ed evoluta, si è iniziato a parlare di integrazione di sistemi e processi mediante un approccio a servizi, ma solo qualche anno più tardi si realizzeranno soluzioni di buon livello.

La SOA (Service Oriented Architecture) separa le funzionalita' di un EIS raggruppandole in un insieme di componenti ad alto livello che espongono "porzioni" di logica di business sotto forma di servizi accessibili attraverso interfacce documentate e tecnologie standard. Quindi non più una metodologia di integrazione basata su un middleware tecnologico unico che veicola le informazioni, ma un approccio più Open, basato sul rispetto degli standard,  quali XML, JSON, Web Services, Http/SOAP, REST, J2EE, etc., che consente il disaccoppiamento (decoupling) dei protocolli di comunicazione e la fruizione di servizi che implementano workflow di processi più o meno complessi.

La messa in opera della SOA in un contesto IT Enterprise prevede, oltre alla adozione di best practices e standard, la messa in campo di alcuni moduli applicativi fondamentali di cui il più importante è l'ESB (Enterprise Service Bus).


L'ESB rappresenta una nuova tipologia di BUS che combina Web Services, messaggistica e servizi di integrazione di base quali la trasformazione dati, il disaccoppiamento dei protocolli e il content-based routing (routing su base contenuto).
La sua architettura lo rende indipendente dagli Application server, MOM e protocolli utilizzati, pertanto risulta particolarmente adatto a costituire in modo progressivo la struttura portante di una nuova integrazione orientata ai servizi  che nel contempo preservi, interoperando con esse, le risorse IT pre-esistenti quali applicazioni legacy e piattaforme di middleware eterogenee.

L'ESB permette di adottare una strategia di integrazione progressiva che fornisce la possibilita' di costruire, in maniera incrementale e a costi minori, una rete di integrazione aziendale.
Altri strumenti abilitanti per una architettura SOA completa sono:
  • BPM  (Business Process Management)design e orchestration dei servizi come workflow
  • BAM (Business Activity Monitoring)monitoring dei servizi e dei processi di business
  • Service Registry, registro dei servizi esposti dall'ESB con definizione dei contratti di protocollo (wsdl).


Una architettura IT orientata ai servizi, flessibile e disaccoppiata, riduce i tempi e i costi di manutenzione dei progetti, nonche' le necessita' di customizzazione ed evoluzione degli stessi a fronte di nuovi requisiti di integrazione.
I principali vantaggi per l'azienda sono:
  • Razionalizzazione delle informazioni e dei processi nell'area aziendale
  • Riutilizzo delle funzionalità/servizi
  • Aumento della efficenza/qualita' del servizio
  • Centralizzazione della Governance
  • Drastica diminuzione del Time-To-Market
  • Riduzione del TCO (Total Cost of Ownership) grazie alla dismissione progressiva di middleware vendor locked.


Comparativa sui costi


Il grafico illustra le differenze di costo dei diversi approcci nelle varie fasi di vita di un progetto software.
Risulta evidente come un' approccio Custom point-to-point abbia dei bassissimi costi iniziali per realizzare le prime integrazioni tra i sistemi ma poi con il passare del tempo aumenta la complessità di manutenzione ed evoluzione con conseguente aumento di costi e tempi.
Un approccio di tipo EAI invece, similmente a quello basato sull'utilizzo da parte dei sistemi di Web Services standard ma senza una infrastruttura ESB, ha dei costi di realizzazione iniziale medi, garantisce successivamente dei costi abbastanza contenuti nella manutenzione della infrastruttura ma necessita di un effort con dei picchi molto alti per la realizzazione di nuovi flussi Enterprise o la modifica di processi già esistenti,
Utilizzando i paradigmi e gli strumenti SOA invece si rileva un impegno considerevole nell'introduzione e sviluppo iniziale della infrastruttura di base, ma un progressivo risparmio nelle fasi successive dovuto alla capacità di riutilizzo dei servizi (Service Reusability) e della loro orchestrazione (Service Orchestration).

La SOA di ultima generazione

Nel periodo che va dal 2004 al 2010, un po' tutte le aziende medio-grandi, con a disposizione un parco di sistemi informatici importante, ha intrapreso un percorso di adeguamento dell'architettura dei sistemi ai paradigmi della SOA.
Nel tempo la Service Oriented Architecture è diventata quasi un tormentone, passando da essere un "must have" ad una locuzione passata un po' di moda.
Questo ciclo di vita è stato storicamente percorso da gran parte delle proposte tecnico/informatiche che, da essere spinte commercialmente, adottate con grandi sforzi economici e pubblicizzate oltremodo in alcuni casi anche in contesti non idonei, diventano soluzioni un po' dimenticate, anche se mai completamente portate a termine per arrivare a beneficiarne dei vantaggi.
In un mondo IT che almeno in apparenza evolve a grandi velocità, diventa fondamentale per continuare ad attrarre investimenti, la proposizione continua di nuove soluzioni agganciate a slogan in voga che riescono a smuovere almeno un minimo il mercato anche in ambiti enterprise ormai consolidati.
Tuttavia di fatto la SOA resta l'approccio più valido per l'interpretazione dei requisiti di integrazione e di gestione dei processi di business  anche se nel maggior parte dei contesti non è stata adottata con una pervasività ed un livello di maturità sufficiente; il termine "servizio" in ambito IT è diventato sinonimo di funzionalità offerta sulla rete in un contesto di cooperazione applicativa tra i sistemi.

Negli ultimi anni, grazie al perfezionamento degli strumenti e ad una maggiore esperienza maturata da Solution Architect e System Integrator, è aumentata la capacità di rilasciare soluzioni stabili, proponendo all'interno della infrastruttura di base della SOA anche degli "accessori" utili a migliorare le performance di risposta ai servizi.

Data Caching

Con il Data Caching la piattaforma di integrazione ESB si dota anche di funzionalità di memorizzazione in cache dei flussi dati provenienti dai sistemi client e server, in modo da velocizzare quando possibile l'accesso alle informazioni ed i tempi di riposta ai servizi.

La memorizzazione dei dati viene demandata a layer applicativi fortemente scalabili in cache chiamati InMemory DBData Grid Memory o Data Service Layer che si occupano anche di gestire l'invalidazione dei dati stessi, secondo delle policy pre-definite, ed il loro ricaricamento dai sistemi owner mediante interazione con i servizi di integrazione dell'ESB.



Rule Engine (motore a regole)

Un altro modulo applicativo accessorio che sempre più spesso viene affiancato ai componenti infrastrutturali della SOA è il Rule Engine: motore a regole configurabile ed estendibile in grado di interagire con i servizi ESB per la interpretazione di algoritmi complessi applicati ai dati. Avere un Rule Engine risulta molto utile quando è necessario implementare operazioni di routing numerose e complesse difficilmente configurabili all'interno dell'ESB o del BPM.


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Introduzione al Customer Journey

Con la locuzione inglese Customer Journey si intende il percorso decisionale ed operativo che il cliente compie nelle varie fasi di acquisto di un qualcosa. Con i cambiamenti introdotti dalla rete e dalle nuove tecnologie:
  • le ormai consolidate modalità di acquisto e pagamento online,
  • la possibilità di effettuare autonomamente e velocemente indagini su ciò che si desidera comprare,
  • la facilità con cui si può avere un confronto preventivo o successivo con coloro che world wide hanno già avuto la stessa esperienza,
  • l’utilizzo massivo dei nuovi terminali Always On (Smartphone e Tablet) con cui si può accedere sempre ai canali di shopping e di informazione (Forum, Feedback e Social Network),
si sono modificate anche le dinamiche del processo di acquisto.

In che modo ora il compratore da un momento X arriva ad acquistare il prodotto Y ?
In che modo l’esperienza d’acquisto influisce successivamente su se stessi e sugli altri ?
Come è cambiato il ruolo del venditore ?

Si tratta di un processo complesso che nel corso del tempo è stato descritto e schematizzato in diversi modi, negli ultimi anni sono stati fatti degli studi che, alla luce delle nuove dinamiche, lo hanno esteso e ne hanno cambiato le caratteristiche.
Per tutti, sia compratori che venditori, è opportuno tenerne conto.

Le fasi fondamentali



Un po' di storia



Studi di qualche anno, basati sulle dinamiche di acquisto fino ai primi anni 2000, non consideravano il momento di Indagine e Riflessione come una delle fasi fondamentali, ma la sovrapponevano ai momenti di Stimolo e di Acquisto.
In effetti nelle fasi 1 e 3, quando si viene in contatto con chi/cosa innesca  lo stimolo, con l’oggetto da comprare e con il venditore, sicuramente il cliente effettua degli approfondimenti e delle considerazioni sull’acquisto che sta valutando.

Nel 2005 un approfondimento di Procter & Gamble sintetizzava il Customer Journey in 3 sole fasi:
1. Stimolo (Pubblicità, Visibilità, Disponibilità)
2. Il primo momento della verità (FMOT), ovvero il primo contatto con il prodotto e con il venditore addetto
3. Il secondo momento della verità (SMOT), ovvero la fase post-vendita, quando il cliente utilizza effettivamente il prodotto e giudica le caratteristiche.


Nel 2011 Google, effettuando studi sulle dinamiche di vendita online, perfeziona ed introduce il concetto di ZMOT conseguenza del fatto che oggi la ricerca, il confronto con gli stimoli e la fase di “persuasione” si giocano sul Web:



FMOT – First Moment Of Truth (Shelf)
Quel momento, che dura tra i tre e i sette secondi, durante i quali una persona all’interno di un negozio (fisico o digitale) rivolge la sua attenzione verso un prodotto e decide o meno di comprarlo.  È il momento il cui il consumatore entra in contatto con il prodotto e con il venditore, valuta e decide o meno per l’Acquisto.

ZMOT – Zero Moment Of Truth
Fase in cui il potenziale acquirente, attraverso ricerche su Forum, Motori di ricerca e sui Social Network, raccoglie informazioni sui prodotti e decide (ancora prima essere in contatto fisico con l’oggetto nel negozio) che cosa comprare.
È il momento che precede l’acquisto ed è di fatto la fase di Indagine e Riflessione ora basata soprattutto sui nuovi canali tecnologici oltre che sulle vecchie modalità

SMOT – Second Moment Of Truth (Experience)
E’ l’esperienza di consumo del prodotto che viene fatta successivamente all’acquisto: la persona può vivere un’esperienza positiva che conferma quanto deciso durante lo FMOT  oppure negativa che fa sì che la persona decida di non comprare più quel determinato prodotto. È il momento post-vendita, di fatto la fase di Esperienza e Considerazioni.

Impatti dello ZMOT tecnologico



  • Dal 2007 al 2009 la percentuale di clienti che decide un acquisto all’interno del punto vendita è diminuito dal 40% al 17%
  • Nel 2011 l’88% dei consumatori USA è coinvolto nello ZMOT prima di andare in un negozio on-line o off-line per un acquisto
  • Nel 2011 in media un consumatore consulta 10.4 fonti prima di effettuare una acquisto «significativo», il doppio rispetto all’anno precedente.


Nella realtà....

…il processo di acquisto è molto più complesso. Le fasi principali possono essere ulteriormente suddivise, dettagliate molto accuratamente e si diversificano a seconda del contesto e del prodotto.


E’ buona cura del venditore approfondire e conoscere le dinamiche del proprio settore e della tipologia dei propri clienti al fine di controllare meglio il processo e poterlo governare.

Considerazioni

  • Costruire stimoli basati sulla sola pubblicità in TV, garantire visibilità all’interno dei punti vendita, ecc. sono aspetti non più sufficienti
  • La ricerca, l’indagine, il confronto con gli stimoli e la persuasione si giocano sul Web
  • Verificare e curare la Web Reputation del prodotto, del brand e del Venditore sono aspetti fondamentali
  • Siti web, social network, blog, forum e community varie sono il nuovo luogo all’interno del quale il consumatore desidera e sceglie il proprio acquisto, prodotto o servizio che sia.
  • Conoscere gli strumenti/canali di ZMOT che utilizza la clientela per anticiparne le riflessioni,  è propedeutico per la vendita
  • Capire in quale fase del percorso si trova il cliente rispetto ad un acquisto e quale è stato lo stimolo, sono aspetti basilare per poter modificare/migliorare la strategia presente e futura di  persuasione e vendita
  • Capire quali sono gli Stimoli principali del contesto di marketing e chi/cosa li veicola, è fondamentale per una strategia di vendita
  • Per un successo commerciale è importante prevedere il Customer Journey e percorrerlo in anticipo rispetto ai potenziali clienti
  • E’ opportuno attendersi clienti preparati, in grado di confutare il venditore sulle caratteristiche del prodotto.

Approfondimenti

La ricerca di Google «Winning the Zero Moment of Truth»

ZMOT  Overview & eBook

L'influenza dei canali online nel Customer Journey
http://think.withgoogle.com/customer-journey-to-purchase/