mercoledì 7 ottobre 2015

E-Waste, la "monnezza" elettronica

E-WASTE è la deriva tossica che la nostra era digitale si porta dietro.
I rifiuti elettronici inquinano fortemente l'ambiente, l'acqua potabile e danneggiano gli ecosistemi di tutto il mondo. 
La maggior parte finisce nelle discariche, in quelle sul nostro territorio ma soprattutto in quelle dei paesi in via di sviluppo, principalmente Africa e Asia, in cui aziende di smaltimento senza scrupoli troppo spesso fanno confluire gli scarti.
Anche quando si tenta di riciclare, una notevole quantità di materiale elettronico non può essere recuperato ed i metalli tossici di tutto il mondo vengono trasportati, ammassati e poi abbandonati.


Volumi impressionanti

I volumi sono enormi, immaginate che mediamente ciascuno di noi cambia un telefono cellulare ogni 18 mesi, un PC ed un Tablet ogni 4 anni. 
Quantitativi anche superiori arrivano dalle aziende che si liberano ciclicamente di materiale obsoleto: monitor, stampanti, tastiere, elaboratori, router, cabinet, ecc.
Considerando anche gli elettrodomestici, la montagna di monnezza elettronica cresce a dismisura raggiungendo vette impressionanti.  



E' stato stimato che solo in Europa e negli Stati Uniti vengono buttati ogni anno circa 700 milioni di prodotti tecnologici, in gran parte considerati obsoleti ma ancora funzionanti, accumulando oltre 5 milioni di tonnellate di materiale.  
Sono rimaste fuori da queste stime paesi come Cina, Giappone, Corea e India che sicuramente producono altrettanti scarti.


Il riciclaggio è difficile e gestito male

Questo tipo di prodotto non è facile da riciclare, non è infatti progettato e realizzato con materiali che agevolano un riutilizzo futuro. 
Il ciclo procedurale del riciclo non è consolidato come quello della carta, ma va implementato a seconda della tipologia di oggetto.
Oltretutto farlo in modo sicuro e corretto spesso costa molti più soldi che produrre materiali nuovi. 

Solo il 25% di e-waste viene raccolto per il riciclaggio. L'altro 75% finisce direttamente in discariche ed inceneritori, nonostante sia reale il pericolo di fuoriuscita di sostanze chimiche e quello di combustione con emissione di diossina nociva. 

Per quanto riguarda il 25% che si tenta di riciclare, gran parte viene imbarcato su navi cargo e spedito in paesi lontani per lo smantellamento che avviene in condizioni terribili, avvelenando le persone che ci lavorano inconsce del pericolo e quindi senza alcun tipo di precauzione.


Contromisure

Il consumo globale di elettronica è in forte aumento. Ogni anno generiamo più rifiuti elettronici rispetto al precedente. Creiamo troppi rifiuti elettronici e li ricicliamo troppo poco. 
Le contromisure per limitare sprechi e danni non sono molte e purtroppo si scontrano con le logiche di mercato e di una evoluzione tecnologica che va molto più forte del resto del mondo.

Adozione di standard di prodotto: quando i produttori, come avvenuto in diversi casi, convergono su delle soluzioni tecnologiche condivise, i consumatori sono indotti a buttare di meno. 
Esempio: l'adozione da parte di tutti (o quasi) degli standard USB e Bluetooth, ha fatto si che gli accessori possano essere riutilizzati in modo indipendente e quindi non buttati. 

Progettazione di prodotti modulari con componenti disassemblabili: non più "scatole chiuse" e inaccessibili, è necessario rendere semplice lo smontaggio facilitando la riparazione e l'eventuale separazione dei materiali da riciclo. Questo aspetto va regolamentato in modo da obbligare i produttori a farlo.

Forte regolamentazione delle attività di smaltimento: le imprese che se ne occupano devono rispettare le normative nella gestione nelle diverse fasi:
  • messa in sicurezza o bonifica, 
  • asportazione dei componenti pericolosi,
  • smontaggio e separazioni dei moduli,
  • lavorazione meccanica per il recupero dei componenti,
  • smaltimento dei materiali non riciclabili.

Raccolta differenziata: i cittadini devono conferire i propri rifiuti alle isole ecologiche.