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venerdì 11 novembre 2016

Cos'è la Digital Transformation


Con la locuzione inglese Digital Transformation (Trasformazione Digitale) si fa riferimento al percorso di cambiamento che infrastrutture e processi aziendali stanno facendo a seguito dell'utilizzo massivo delle nuove tecnologie che supportano un nuovo tipo di relazione tra aziende e clienti (B2B e B2C).

Questo cambiamento, che impatta trasversalmente su diverse aree del business, di fatto sta già avvenendo da tempo e molte aziende lo stanno subendo più o meno inconsapevolmente, quando invece è opportuno che venga guidato in modo strutturato.

La trasformazione digitale, con l'utilizzo di PC, Smartphone e Tablet, ha cambiato le modalità di rela­zione tra le imprese e le persone (clienti finali, consumatori, collaboratori interni ed esterni).  
Il Customer Journey, il percorso di prevendita, vendita e fruizione dei prodotti, si è evoluto e la clientela richiede sempre più una interazione digitale a tutti i livelli, mediante l'utilizzo di APP, Chat, Social, Portali, Blog, ecc..

Tutto ciò rende neces­sa­rio per le aziende di dotarsi di infrastrutture IT in grado di offrire una interazione mul­ti­ca­nale stabile nelle relazioni con la clientela.

Il processo è inarrestabile: Online Touchpoints (APP, Totem, ATM, Web, ecc.), e soluzioni di E-Care, Self Care, Social Care, Social SoftwareChat Contact sono strumenti che hanno affiancato ed in molti casi sostituito i vecchi canali.

Chi non si adegua ai nuovi strumenti, non investe nell'innovazione tecnologica, nell'organizzazione interna e nella review dei processi aziendali, è destinato ad scomparire.




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lunedì 12 settembre 2016

Cos'è la Digital Detox

La Disintossicazione Digitale (Digital Detox) è un tema molto discusso che tratta dell'astensione o più in generale dell'autolimitazione nell'utilizzo dei dispositivi elettronici sempre collegati ad Internet, come smartphone, tablet e computer .

La motivazione a "disintossicarsi" può essere differente ma sempre più persone scelgono di frequentare locali "no wifi, zero connections", fare vacanze in posti dove non ci sia l'accesso ad Internet, costringere i propri ospiti a spegnere o depositare gli smartphone dentro dei Detox Box durante le feste e le riunioni familiari.

L'argomento è attualissimo ma già esistono pubblicazioni, blog e libri con dei suggerimenti/accorgimenti (best practices) per concedersi l'opportunità di ridurre lo stress e recuperare una maggiore interazione sociale nel mondo fisico.

La Digital Detox serve come reazione al sovraccarico di informazioni (Infobesità) che ci bombarda continuamente. E' più produttivo e soddisfacente concentrarsi sulla qualità e l'approfondimento piuttosto che sulla quantità delle informazioni che subiamo passivamente e che per forza di cose rimane superficiale.

Regolamentarsi nell'uso dei device mobili (Electronic Rehab), significa avere una maggiore consapevolezza dello scopo delle tecnologie stesse, ridurre l'ansia, dovuta a F.O.M.O. e Nomofobia, e migliorare l'approccio verso l'ambiente circostante orientandosi verso le persone reali.


Digital Detox Area


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giovedì 8 settembre 2016

Dipendenza da smartphone, non solo disturbi per il fisico ma anche benefici

Infobesità, Nomofobia, FOMO, Workaholism, tutte problematiche strettamente collegate all'uso eccessivo degli smartphone ed alla dipendenza dall'essere sempre Online.

Ne consegue un sovraccarico di stress, ansia, disturbi, stanchezza psichica e somatizzazioni con vere e proprie ripercussioni fisiche, che si vanno ad aggiungere alla sedentarietà, alla postura sbagliata ed ai disturbi alla vista dovuti al prolungato utilizzo di Smartphone/Tablet/PC.

Ci sono però anche aspetti positivi che derivano dall'utilizzo sempre più frequente delle APP per il controllo della forma fisica, la corretta alimentazione e l'allenamento.  
Una APP non può fare miracoli ma sicuramente può stimolare ad essere fisicamente più attivi, incoraggiare a condurre una vita più sana, aiutare ad avere un'alimentazione più corretta, aumentare la consapevolezza di ciò che si sta facendo a medio e lungo termine.

Le funzionalità implementate dalle APP sono di 3 tipologie:

  • Health
    • monitoraggio frequenza cardiaca (cardiofrequenzimetro)
    • monitoraggio pressione arteriosa, 
    • misurazione febbre;
  • Diet and Wellness
    • diete, 
    • gestione piani di dimagrimento, 
    • valori nutrizionali,
    • calcolo delle calorie, 
    • calcolo della massa grassa, 
    • calcolo dell' Indice di Massa Corporea (IMC o BMI, acronimo inglese di Body Mass Index),
    • monitoraggio andamento del sonno;
  • Sport and Fitness
    • proposizione e gestione piani di allenamento,
    • gestione obiettivi,
    • memorizzazione allenamenti effettuati e caratteristiche degli stessi (durata, distanza, velocità media e max, medie parziali, calorie bruciate, variazioni altimetriche, ecc. ),
    • tracking percorsi di allenamento con GPS,
    • proposizione e condivisione percorsi con altri utenti,
    • condivisione allenamenti con altri utenti,
    • confronti e sfide con altri utenti,
    • statistiche allenamenti (report e grafici).



Di seguito alcune delle APP più conosciute divise per tipologia.

Health

  • Sleep as Android
  • Sleep Better
  • Sleepbot
  • Termometro Misura Febbre
  • Battito Frequenza Cardiaca Plus
  • Instant Heart rate
  • Cardiografo – Cardiograph


Diet and Wellness

  • MyFitnessPal
  • Melarossa
  • Lifesum
  • Contacalorie di FatSecret
  • IFood


Sport and Fitness

  • Runtastic
  • Endomondo
  • Google FIT
  • Workout Trainer
  • Run Keeper



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giovedì 5 maggio 2016

In Waze We Trust

Waze è lo strumento più utilizzato dagli automobilisti come navigatore e contestualmente come guida per districarsi al meglio nel traffico cittadino.



Questa App è stata una vera e propria Killer Application che ha surclassato le altre concorrenti in ambito mobility grazie ad alcuni aspetti fondamentali: 

  • funziona bene, 
  • è sufficientemente affidabile,
  • si installa sugli smartphone senza bisogno di altro (basta avere un piano tariffario che prevede l'utilizzo "dati"),
  • è facile da usare (la versione 2016 è molto più bella ed intuitiva anche se appena rilasciata ha causato molte crisi di identità negli automobilisti),
  • è gratuita.

Essendo Waze un navigatore social, che prevede la partecipazione da parte degli utenti, è facile intuire quante persone lo utilizzano guardando le numerose segnalazioni interattive che influenzano l'elaborazione dei percorsi proposti dalla app e che compaiono ai guidatori allertandoli su traffico, incidenti, presenza delle forze dell'ordine, lavori in corso, ecc.

Le nostre città ormai sono piene di Wazer, molti di noi ne sono quasi dipendenti.
Un po' per pigrizia nel dover pensare al percorso, un po' avere la sicurezza di evitare il traffico, spesso lo accendiamo anche se conosciamo benissimo la strada.

...e tra Wazer esperti ci si riconosce anche.
Come ?  Vediamo se ti ritrovi in queste situazioni:
  • Guidato da Waze sei finito in stradine sconosciute (presunte scorciatoie), e ti ritrovi a far parte di un serpentone di auto che procede a zig zag tra incroci e traverse. Tutti i guidatori si guardano attorno dubbiosi, nessuno sa dove si trova realmente ed è ormai costretto a fidarsi ciecamente del navigatore. Siete tutti Wazer !!
  • Stai procedendo normalmente quando alla macchina che ti precede improvvisamente si accendono gli stop e ti costringe ad una brusca frenata. Anche lui è un Wazer !!! Sarà facile notare che in quel punto è stata in segnalata la presenza della polizia, che ormai non c'è più ma... l'assioma è che bisogna sempre avere fede in Waze (In Waze we trust) altrimenti è meglio non utilizzarlo.
  • Stai in mezzo al traffico procedendo dritto in prossimità di un incrocio, all'improvviso Waze rielabora il percorso (inconfondibile il suono che emette in questi casi) e ti suggerisce di girare a destra per risparmiare 2 minuti. Nei pressi anche altre auto mettono repentinamente la freccia, chissà perché.

Buon Waze a tutti.







venerdì 18 dicembre 2015

Cos'è il Blockchain (Block Chain)


Il Block Chain (letteralmente Catena di Blocchi) è un registro pubblico e condiviso che contiene tutte le transazioni effettuate in Bitcoin
Visto come un nuovo importante protocollo di trasmissione e memorizzazione dei dati, essendo continuamente ricondiviso da tutti i client partecipanti alla rete bitcoin rappresenta la prova di tutte le transazioni, il blockchain è in costante crescita in quanto vengono sempre aggiunti nuovi Blocks per registrare le movimentazioni. 

Un Block (Blocco) è l'anello della catena, quando viene completato con l'inserimento delle informazioni relative alle transazioni recenti, viene chiuso e non è più modificabile. 
Successivamente viene quindi generato e collegato alla catena un nuovo blocco, contenente un identificativo del blocco precedente, alimentando così una banca dati lineare con tutte le operazioni in ordine cronologico.



Per fare un'analogia con i processi bancari tradizionali, il blockchain è come una storia completa delle operazioni bancarie: le transazioni in bitcoin sono gestite cronologicamente come le transazioni bancarie. Mentre i Blocchi possono essere assimilati ad estratti conto di operazioni fatte in determinati spazi temporali.

Vengono chiamati Nodes (Nodi), tutti i computer che partecipano alla rete Bitcoin e che svolgono il compito di convalidare e di ricondividere il blockchain.
Ciascun Nodo utilizza un programma client che riceve automaticamente una copia integrale del blockchain con le informazioni di tutte le movimentazioni contenute, a partire dal primo blocco (Genesis Block) fino a quello completato più di recente.

Questa continua condivisione su tutti i client in rete, di fatto valida tutte le transazioni e ne diventa il database storico distribuito.

Considerando che in media viene creato un nuovo blocco ogni 10 minuti, la dimensione sempre crescente del blockchain è una delle criticità che dovranno essere gestite in futuro, potrebbero infatti nascere problemi di spazio per la memorizzazione e sincronizzazione.


mercoledì 7 ottobre 2015

E-Waste, la "monnezza" elettronica

E-WASTE è la deriva tossica che la nostra era digitale si porta dietro.
I rifiuti elettronici inquinano fortemente l'ambiente, l'acqua potabile e danneggiano gli ecosistemi di tutto il mondo. 
La maggior parte finisce nelle discariche, in quelle sul nostro territorio ma soprattutto in quelle dei paesi in via di sviluppo, principalmente Africa e Asia, in cui aziende di smaltimento senza scrupoli troppo spesso fanno confluire gli scarti.
Anche quando si tenta di riciclare, una notevole quantità di materiale elettronico non può essere recuperato ed i metalli tossici di tutto il mondo vengono trasportati, ammassati e poi abbandonati.


Volumi impressionanti

I volumi sono enormi, immaginate che mediamente ciascuno di noi cambia un telefono cellulare ogni 18 mesi, un PC ed un Tablet ogni 4 anni. 
Quantitativi anche superiori arrivano dalle aziende che si liberano ciclicamente di materiale obsoleto: monitor, stampanti, tastiere, elaboratori, router, cabinet, ecc.
Considerando anche gli elettrodomestici, la montagna di monnezza elettronica cresce a dismisura raggiungendo vette impressionanti.  



E' stato stimato che solo in Europa e negli Stati Uniti vengono buttati ogni anno circa 700 milioni di prodotti tecnologici, in gran parte considerati obsoleti ma ancora funzionanti, accumulando oltre 5 milioni di tonnellate di materiale.  
Sono rimaste fuori da queste stime paesi come Cina, Giappone, Corea e India che sicuramente producono altrettanti scarti.


Il riciclaggio è difficile e gestito male

Questo tipo di prodotto non è facile da riciclare, non è infatti progettato e realizzato con materiali che agevolano un riutilizzo futuro. 
Il ciclo procedurale del riciclo non è consolidato come quello della carta, ma va implementato a seconda della tipologia di oggetto.
Oltretutto farlo in modo sicuro e corretto spesso costa molti più soldi che produrre materiali nuovi. 

Solo il 25% di e-waste viene raccolto per il riciclaggio. L'altro 75% finisce direttamente in discariche ed inceneritori, nonostante sia reale il pericolo di fuoriuscita di sostanze chimiche e quello di combustione con emissione di diossina nociva. 

Per quanto riguarda il 25% che si tenta di riciclare, gran parte viene imbarcato su navi cargo e spedito in paesi lontani per lo smantellamento che avviene in condizioni terribili, avvelenando le persone che ci lavorano inconsce del pericolo e quindi senza alcun tipo di precauzione.


Contromisure

Il consumo globale di elettronica è in forte aumento. Ogni anno generiamo più rifiuti elettronici rispetto al precedente. Creiamo troppi rifiuti elettronici e li ricicliamo troppo poco. 
Le contromisure per limitare sprechi e danni non sono molte e purtroppo si scontrano con le logiche di mercato e di una evoluzione tecnologica che va molto più forte del resto del mondo.

Adozione di standard di prodotto: quando i produttori, come avvenuto in diversi casi, convergono su delle soluzioni tecnologiche condivise, i consumatori sono indotti a buttare di meno. 
Esempio: l'adozione da parte di tutti (o quasi) degli standard USB e Bluetooth, ha fatto si che gli accessori possano essere riutilizzati in modo indipendente e quindi non buttati. 

Progettazione di prodotti modulari con componenti disassemblabili: non più "scatole chiuse" e inaccessibili, è necessario rendere semplice lo smontaggio facilitando la riparazione e l'eventuale separazione dei materiali da riciclo. Questo aspetto va regolamentato in modo da obbligare i produttori a farlo.

Forte regolamentazione delle attività di smaltimento: le imprese che se ne occupano devono rispettare le normative nella gestione nelle diverse fasi:
  • messa in sicurezza o bonifica, 
  • asportazione dei componenti pericolosi,
  • smontaggio e separazioni dei moduli,
  • lavorazione meccanica per il recupero dei componenti,
  • smaltimento dei materiali non riciclabili.

Raccolta differenziata: i cittadini devono conferire i propri rifiuti alle isole ecologiche.

venerdì 7 agosto 2015

Windows 10, buona la prima

Finalmente sul mio tablet, un HP Omni 10, è arrivato l'aggiornamento a Windows 10.
Partendo dalla versione 8.1, dopo circa 3 ore tra download (2.7 gb) ed installazione, filata liscia come l'olio, ho potuto fare un primo giro sul nuovo sistema operativo di Microsoft.

Il desktop di Windows 10 con lo sfondo di default
La primissima impressione è stata senz'altro positiva, intanto perché, cosa non scontata, ho ritrovato i dati, le impostazioni e le applicazioni che avevo lasciato sulla vecchia versione, poi per l'usabilità ed il design grafico di desktop e menu che finalmente hanno un logica sia in versione Tablet che PC.

Andiamo con ordine, descrivendo le sensazioni di un primo veloce giro su Windows 10 ed evidenziando le caratteristiche di usabilità e le differenze più evidenti con la versione 8.1.

Accesso a Windows 10

La schermata di Welcome, per intenderci quella prima del Login in cui l'utente inserisce username e password per accedere al sistema, presenta come sfondo delle foto ad alta risoluzione.
Le foto raffigurano dei panorami naturali e di per se sono molto belle anche se personalmente ho sempre preferito avere sfondi più professionali.
Un po' strana risulta essere la scritta che compare in alto e chiede all'utente di esprimere un parere sulla foto stessa.

La schermata di Welcome al sistema

Desktop

Molto bella tutta la grafica generale, le icone e lo sfondo di default.
Rispetto alla versione 8.1, si nota subito l'annunciato e gradito ritorno del menù di Start in basso a sinistra, molto ben fatto con un mix tra la lista dei programmi ed i quadratoni tipici dell'interfaccia metro di Windows.
Sul menù ad icone posizionato in basso a destra sulla barra delle applicazioni, si accede ad una nuova (per Windows) comodissima pulsantiera che centralizza e facilita l'accesso alle funzionalità di base per l'impostazione del Tablet/PC (bluetooth, wifi, modalità aereo, vpn, batteria, ecc.).

Il desktop con il nuovo menù di Start e quello applicativo/operativo

Da segnalare nella barra delle applicazioni l'icona che consente finalmente anche su Windows di accedere alla creazione di Desktop multipli (non è mai troppo tardi per introdurre una cosa buona).

Possibilità di creare desktop multipli

Modalità Tablet

Uno dei suddetti pulsanti virtuali serve ad effettuare lo switch dalla modalità PC a quella Tablet. 
Stavolta devo dire che Microsoft ha fatto una ottima scelta. Dimentichiamo la macchinosità che aveva Windows 8 per passare dal Desktop alla interfaccia Metro, ora la transizione da una modalità all'altra avviene per scelta dell'utente in modo semplice e veloce.


Quando si imposta la modalità Tablet, contrariamente a quanto avveniva nelle precedenti versioni in cui l'utente si trovava spaesato nel passaggio, nonostante il cambio di interfaccia più adatto alla digitazione Touch viene mantenuta una congruenza operativa ed è comunque sempre possibile accedere al menù di Start ed alla barra delle applicazioni. 



Da evidenziare quanto sia migliorata grazie ai nuovi menù l'usabilità con il Touch anche in modalità Desktop. La facilità con cui si accede alle App oltre che ai programmi, non fa sentire quasi più l'esigenza di passare alla modalità Tablet.

Ricerca e Cortana

Di default sulla barra delle applicazioni è presente un campo (negli screenshot non c'è) in cui è possibile impostare ricerche oppure farsi aiutare dall'assistente Cortana con comandi vocali.  Non l'ho ancora provata ma suppongo che data la posizione centrale che Microsoft ha riservato a questa funzionalità, punteranno molto a lanciare servizi automatici sempre più evoluti di supporto alle operatività degli utenti.

Conclusioni

A livello di usabilità sembra che Microsoft stavolta abbia fatta centro. 
La tanto pubblicizzata convergenza multidevice del sistema operativo Windows sembra ben indirizzata almeno per quanto riguarda PC e Tablet.  Staremo a vedere quale sarà il risultato sugli Smartphone più piccoli.



giovedì 6 agosto 2015

Portarsi la Musica all'aperto

Ormai serve veramente poco per "pompare" la musica in giro: basta uno Smartphone, una cassa Bluetooth ed il gioco è fatto.

Negli anni 80 bisognava fornirsi di uno stereo portatile, anche conosciuto come Bambinello o Jamaicano, con le batterie (torce o mezze torce) sempre nuove altrimenti la musica sarebbe durata troppo poco e con una scorta di musicassette da ascoltare in alternativa alla radio FM.
Oppure per ascoltare la musica all'aperto era necessario restare vicino all'auto con il portabagagli ed i finestrini aperti e lo stereo "a palla".
Per l'ascolto personale invece c'era il Walkman con le famose cuffiette di spugna, che però al massimo poteva essere utilizzato in due persone. 

Successivamente sono arrivati i CD, i DVD e le chiavette USB, gli Ipod e gli altri lettori mp3 che hanno facilitato il trasporto della musica, ma per sentirla forte e con buona qualità soprattutto all'aperto bisognava comunque connettersi ad un impianto stereo ingombrante e scomodo da trasportare considerando anche tutta la cavetteria necessaria.

Ora invece è tutto più semplice, possiamo caricare nel nostro telefonino decine di gigabyte di musica, corrispondenti a migliaia di canzoni, addirittura abbonarci ad un provider di musica in streaming, tipo Spotify, Google Play Music, SoundCloud, ITunes, ecc., poi basta accoppiare il dispositivo via bluetooth con una cassa amplificata ed è subito FESTA !!!  

Ovunque ci si trovi, in spiaggia, al parco o in qualsiasi altro ambiente possiamo pompare la musica in Wireless e vedrete che ci sarà sempre qualcuno che a seconda della canzone vi dirà "Bella questa , ALZAAA !!" oppure "per favore potresti abbassare un po' ?".

Speaker bluetooth

Di speaker bluetooth chiaramente ne esistono di tutti i tipi, di diversa dimensione, potenza, qualità e costo.
Tutte sono auto-amplificate, portatili e ricaricabili (come un telefonino), alcune sono anche resistenti all'acqua e agli urti per facilitarne l'utilizzo outdoor.
Le producono un po' tutte le aziende più conosciute di tecnologia HiFi (Bose, Harman Kardon, SamsungSony, Philips, JBL, Beats, ecc.) ma ci sono sul mercato anche di marchi più tipicamente informatici (Trust, Logitech, Belkin, ecc. ).  
Comprando prodotti di questo tipo si va sul sicuro, la resa acustica è spesso sorprendente, meglio di quanto ci si aspetti. Alcune di queste casse possono anche essere utilizzate in cluster (connettendo più casse tra di loro) per aumentare la potenza dell'impatto sonoro e la diffusione della musica.


Receiver bluetooth

E se si volesse utilizzare lo smartphone anche come sorgente per l'invio della musica verso lo stereo di casa o di un locale ?  
Basta acquistare un receiver bluetooth (facilmente reperibili su Amazon o Ebay), connetterlo alla presa AUX dell'impianto stereo e poi effettuare l'accoppiamento via Bluetooth con il telefonino.



No cineserìe

Nell'acquisto di uno speaker o di un receiver è sempre meglio evitare le "cineserìe", costano poco ma la carica della batteria dura niente, il bluetooth è di scarsa qualità, la ricezione diventa pessima quando ci si allontana un po' con lo smartphone e soprattutto l'acustica è sempre insufficiente. 
Meglio spendere qualche decina di euro in più.

APP

Di APP per ascoltare musica ne esistono a decine sia per gli smartphone/tablet IOS che per Android.
Tra le più conosciute ci sono MusixMatch, Winamp, Poweramp, Spotify, Double Twist Player, Shuttle, Google Play Music, Deezer e Muziic.



Se si volessero anche mixare i brani, sono disponibili sull' Apple Store e su Google Play anche delle ottime APP da DJ tra le quali segnaliamo DJay 2, Cross DJ, Edjing, Traktor e DJ Studio.




Buona musica a tutti !!


sabato 11 aprile 2015

Una giornata senza Smartphone

La mano che con un riflesso quasi compulsivo va a cercare nella tasca. L'impossibilità di poter fotografare per condividere su Facebook o Whatsapp. La mancanza di Shazam, con il rimpianto di non poter conoscere il titolo di una canzone ascoltata per caso al bar. Il dubbio fino all'ultimo minuto di essere andato ad un appuntamento a vuoto per non averne potuto leggere la conferma. Il timore di aver sbagliato luogo senza poterlo controllare con Google Maps. L'insicurezza data dal non poter verificare gli orari della palestra anche se ricordavo benissimo che il sabato fosse aperta 9-18. L'ansietta di non poter conoscere subito il risultato di una partita.

Soprattutto il cambio improvviso di prospettiva: il mondo tornato ad essere quello che circonda e non quello virtuale contenuto nel dispositivo digitale.
Una leggera sensazione di vuoto ma anche di un dejà vu continuo nel rivivere una situazione già provata tanto tempo fa, quella di essere scollegati dalla rete, di essere soli con il mondo attorno.

Tutto ciò perché ieri sera ho dimenticato lo smartphone in un pub ed ha dovuto aspettare le 18 di oggi per poterlo recuperare.

È l'approccio che cambia totalmente, l'abitudine di vivere il reale pensando al virtuale ha in questi anni preso il sopravvento. È difficile valutare quanto sia così, fino a quando non si ritorna offline per cause non volute.

L'opportunità è stata quella di rifare parte dell'ambiente circostante, di tornare a percepire luoghi, persone e cose per quello che sono e non in relazione al mondo social.

Contrariamente a quanto avevo letto sulla nomofobia e sulla dipendenza da internet, il recupero delle percezioni vere è stato facile, naturale. Il disagio è durato solo qualche ora.
Nessun senso di solitudine o di smarrimento, anzi una bella impressione di libertà semi-dimenticata e quasi di avventura anche nel fare cose normalissime in un sabato di primavera.

Chissà se sarà così anche per i nativi digitali, forse per molti di loro sarà più difficile.

Comunque poi lo smartphone l'ho ripreso e famelicamente sono subito andato sui social a vedere cosa era successo: niente di importante.




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domenica 29 marzo 2015

Ma 'ndo vai se il Big Data non ce l'hai ?

Stiamo vivendo gli anni del Big Data e del Cloud, in questo periodo storico qualsiasi soluzione informatica sembra non poterne fare a meno, soprattutto a livello commerciale e comunicativo però.

Ormai ne parlano tutti, non si può realizzare ma soprattutto vendere o comprare un'architettura software che non abbia questi 2 aspetti ben evidenti.  Chi non lo fa è out.
Una spruzzata qua e la di Big Data e Cloud ci sta sempre bene, serve per far vedere che si sta sulla cresta dell'onda, che si seguono le nuove tecnologie e le tendenze del mercato, poi chissenefrega se invece in quel caso non servono.

Siamo arrivati al punto in cui per registrare 1000 records e farci qualche conteggio statistico sopra, si parla di Big Data ed Analitycs (ecco un'altra parola magica di questi anni), il tutto possibilmente in Cloud.

Sono le mode del mondo IT, chi ci vive da sempre ha imparato a riconoscerle e anche a sfruttarle.

Nel periodo a cavallo tra il vecchio ed il nuovo secolo si parlava solo di Data WareHouse, un qualsiasi database veniva descritto come DWH, non importava se ne avesse effettivamente le caratteristiche, l'importante era utilizzare questa locuzione difficile per enfatizzare il tutto.

Poi a seguire sono arrivate l'EAI (Enterprise Application Architecture), la SOA (Service Oriented Architecture) e la BI (Business Intelligence) che, oltre a imporre realmente nuove tecnologie e metodologie strutturate, sono servite a riempire, troppo spesso anche a sproposito, presentazioni ed articoli per più di un decennio.

Fa comodo a tutti dare enfasi a prodotti, soluzioni ed architetture utilizzando termini cool di ampio respiro, aiuta a vendere ma anche a comprare.

Poi, come tutte le mode passano e di queste tecnologie diventa difficile anche parlarne quando invece servono effettivamente e devono essere utilizzate.
Ci sarà sempre qualcuno che ti dirà "io di queste cose ne parlavo 10 anni fa" presupponendo quindi una tua scarsa visione innovativa, allora è sempre meglio proporre quello che gli interlocutori si aspettano e vogliono sentirsi dire, anche se le soluzioni non sono completamente appropriate al contesto.

I veri professionisti ed amanti dell'Information Technology sanno riconoscere dopo pochi minuti chi parla con cognizione di causa e coloro che invece si riempiono la bocca con tematiche più grandi di loro per sentirsi adeguati. Quest'ultimi non bisogna mai contraddirli, basta guardarli e sorridere, in cuor loro sanno che tu sai.

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martedì 17 marzo 2015

Il rapporto tra Innovazione e Guerra

Prendo spunto da un articolo pubblicato su Forbes.com per fare delle considerazioni sul rapporto controverso tra l'innovazione e la guerra.
Di seguito c'è la traduzione dell'articolo in italiano per una più facile lettura e condivisione, alla fine alcune riflessioni.

Image courtesy of maniaroom at FreeDigitalPhotos.net


Libera traduzione da 4 Innovation lessons from the history of Warfare di Greg Satell del 14/03/2015.

4 Lezioni di innovazione dalla storia della guerra

Cosa hanno in comune la bomba all'idrogeno, i missili balistici minuteman e le armi di precisione teleguidate ?  Hanno tutte dato un contributo fondamentale alla tecnologia che utilizziamo normalmente nella vita di tutti i giorni. È un fatto curioso che la moderna società civile sia alimentata dalla tecnologia della guerra.

Ancora oggi, i fondi stanziati per la sicurezza nazionale continuano a svolgere un ruolo importante per l'evoluzione della tecnologia. Mentre i politici discutono di energia verde, la ricerca militare sta andando avanti a tutto gas. DARPA, l'agenzia che ha realizzato Internet, ha contribuito a inventare le automobili che si guidano da sole. La CIA anche ha un proprio fondo da investire.

Molti credono che l'enorme impatto che i militari hanno sulla tecnologia sia una questione morale e potrebbero essere nel giusto. Tuttavia, tralasciando ciò, si può anche imparare molto sull'innovazione, studiando la storia della guerra. Nel suo libro, "War made new", Max Boot ci dà la possibilità di fare proprio questo, fornendo realmente grandi approfondimenti per chiunque sia interessato all'innovazione.

1. Quando una nuova tecnologia appare per la prima volta, non abbiamo idea di cosa farci

Tendiamo a pensare che la tecnologia sia determinante. Con il motore a vapore iniziò la prima rivoluzione industriale. Elettricità e motore a scoppio alimentarono il secondo periodo. Il personal computing ha portato word processor e fogli di calcolo, cambiando le modalità di lavoro negli uffici. La stampa 3D e le altre tecnologie associate stanno creando una nuova rivoluzione industriale.

Ma una delle cose che rende l'innovazione così diabolicamente difficile è che quando si scopre una nuova tecnologia, nessuno è del tutto sicuro sul cosa farci, compreso l'inventore (e in alcuni casi soprattutto l'inventore). Quindi, ciò che spesso accade è che la nuova tecnologia sia inquadrata nel contesto di vecchi problemi o venga accantonata dopo un successo iniziale.

Max Boot fornisce un esempio particolarmente calzante raccontando un evento accaduto durante una battaglia navale tra l'Austria e l'Italia nel 1866. Quando il combattimento era sostanzialmente in pareggio, una nave austriaca affondò l'ammiraglia italiana speronandola con una imbarcazione fatta di ferro. Successivamente per decenni si è pensato che lo speronamento con navi in ferro fosse la nuova "killer app" della guerra navale.

C'è voluto un po' poi per capire che la strategia migliore fosse quella di costruire enormi navi da guerra con una potenza di fuoco devastante, cosa che non era possibile con le imbarcazioni di legno.
Così come, nei combattimenti con fucili ed armi a ripetizione, ci sono voluti decenni per rendersi conto che le linee statiche di fucilieri favoriscono gli avversari che invece si schierano con formazioni di combattimento decentrate.


2. Coloro che si muovono per secondi, lo fanno spesso nel modo migliore

Ci hanno insegnato a scuola di come i tedeschi abbiamo utilizzato la "guerra lampo" con effetti devastanti durante le battaglie iniziali della seconda guerra mondiale. Tuttavia, è molto meno noto che la guerra con i carri armati è stata effettivamente inventata dagli inglesi, i quali però non si sono da subito impegnati per sfruttare la nuova tecnologia.

La storia di quello che è successo parla chiaro. Winston Churchill, quando era primo ammiraglio durante la prima guerra mondiale, esortò la marina militare a costruire "carri rivestiti d'acciaio" sul telaio dei trattori  Però in battaglia, tali macchine mal progettate si ruppero e quindi vennero accantonate dagli affari militari britannici.

I tedeschi invece, non avendo sperimentato insuccessi, videro grandi possibilità nel poter coordinare via radio le unità mobili di terra con l'aviazione. Ne è risultato un nuovo tipo di guerra che ha portato a successi incredibili all'inizio della guerra. Se non fosse per la capacità industriale senza precedenti degli Stati Uniti, gli alleati non li avrebbero mai raggiunti.

I primi utilizzatori sono spesso considerati in vantaggio perché effettivamente hanno un vantaggio temporale. Tuttavia, il loro punto di vista sulla nuova tecnologia spesso può risultare distorta dalle prime inaffidabili versioni e dalla mancanza di tecnologie complementari.
Coloro che si muovono per secondi invece, possono vedere nuove possibilità che non erano evidenti nei primi giorni.


3. Demandare la decisione ai livelli più bassi

Un altro vantaggio che la Germania aveva nella seconda guerra mondiale era la struttura di comando. Mentre quella degli alleati era fortemente centralizzata, l'autorità dell'esercito tedesco era molto più distribuita. Questo ha permesso loro di improvvisare maggiormente, sperimentando sul campo ed arrivando a fare un miglior uso delle nuove tecnologie.

Gli strateghi spesso danno per scontato che, essendo meno coinvolti nella battaglia vera e propria, si sia più lucidi per trovare soluzioni migliori. Invece è chi opera sul campo che è in grado di vedere i problemi e valutare le opportunità che ai gradi più elevati rischiano di sfuggire.
Come specificato sopra, una nuova tecnologia difficilmente funziona esattamente come è stata pensata, ma è chi sta in prima linea che troverà la giusta impostazione.

Non è stato solo grazie ai carri armati ed agli aerei che i tedeschi fecero una guerra lampo così efficace, svolse un ruolo importante anche la radio installata su ogni loro carro armato. Ciò permise alle forze dell'asse di fare veloci aggiustamenti e reagire rapidamente agli eventi imprevisti.

Oggi, nella maggior parte degli ambienti militari viene utilizzata la dottrina del "Commander's intent", in cui ai ranghi più bassi vengono assegnati obiettivi specifici e devono capire come raggiungerli da soli. Purtroppo nel mondo delle imprese non è una direttiva sempre seguita.


4. La quantità ha la propria qualità

Nonostante i vantaggi nella tecnologia, la pianificazione, la dottrina e la professionalità dei suoi soldati, i tedeschi hanno perso la guerra. Ma la ragione non è stato un fallimento nella strategia o nell'esecuzione, ma piuttosto una diversa tecnologia che è stato perfezionata nelle catene di montaggio degli Stati Uniti.

Quando pensiamo agli eroi della seconda guerra mondiale, vengono in mente i grandi generali come Eisenhower e Patton, ma Henry Ford non fu meno importante. Max Boot osserva che già nel 1942 l'America produceva di più di tutti i suoi nemici insieme. Questo si è rivelato un vantaggio decisivo che ha determinato l'esito della guerra.

Come fanno notare Bob Sutton e Huggy Rao nel loro libro, "Scaling Up Eccellence", molte aziende giovani e promettenti che si concentrano nella ricerca della "next big thing", spesso falliscono perché non riescono a scalare sufficientemente. Invece, altri operatori efficienti spesso riescono a capitalizzare innovazioni sviluppate da altri. Un prodotto può essere venduto solo se si riesce a portarlo sul mercato.

Ad esempio, questo aspetto è stato fondamentale per il successo della Apple in Tim Cook. La società arriva raramente prima sul mercato proponendo delle nuove funzionalità, ma la sua capacità di sviluppare e spedire i nuovi prodotti su larga scala è senza pari nel suo settore di mercato e probabilmente in qualsiasi altro.


Cincinnato rinato

Molti penserebbero ad un atto d'accusa verso la società moderna che dedica tanto impegno e risorse alla guerra. Spendiamo di più per lo sviluppo di metodi efficaci per ucciderci a vicenda che per capire come guarire i malati, nutrire gli affamati o qualsiasi altra cosa. Mentre abbiamo tagliato i budget per un vaccino contro l'Ebola, gli enormi costi del programma "Joint Strike Fighter" vengono superati senza ostacoli.

Ma questa visione non è corretta. Sin dai tempi antichi la guerra è stata parte integrante nella costruzione di una società di successo. Il fatto è semplicemente che l'umanità nel nostro tempo è diventata meno violenta. Anche la povertà e la malattia sono significativamente diminuite. Noi ora stiamo per tanti aspetti meglio di quanto fossimo mai stati.

Gran parte del motivo è che, proprio come il grande condottiero romano Cincinnato, siamo stati in grado di trasformare la vittoria in battaglia in prosperità in pace. Le decisioni prese quando la vita e la morte sono in bilico possono avere una lucidità che in altri casi non si ha. Almeno in questo senso, la guerra può essere istruttiva.

Tuttavia è deplorevole che riusciamo così avidamente a raccogliere ingenti risorse per costruire una tecnologia più efficiente per uccidere e distruggere, ma invece non riusciamo così facilmente a finanziare in modo adeguato i programmi di pace. 
Forse la lezione più importante che possiamo imparare dalle guerre del passato è che dovremmo combattere meno di loro.

Articolo su Forbes di Greg Satell, consulente aziendale statunitense. 

Image courtesy of Stuart Miles at FreeDigitalPhotos.net

Considerazioni

In questi casi si rischia di cadere nelle ovvietà, esprimendo con frasi fatte dei valori incontestabili ed universali per tutti (o quasi) tipo "Viva la Pace e abbasso la Guerra", "il Bene vince sul male", "non è possibile spendere i soldi per le armi e far morire di fame i bambini", "non è la tecnologia ad essere cattiva ma l'uomo", ecc.
Non voglio discutere delle implicazioni morali, quindi mi soffermo solo sul rapporto che c'è tra tecnologia e guerra.

Nell'articolo vengono messi in evidenza solo casi in cui è stata inventata una tecnologia per usi militari. Ma accade anche il contrario.

Quante volte sono stati utilizzati normalissimi telefonini come inneschi per le bombe, quante volte la propaganda di guerra viene diffusa sui canali di telecomunicazione civili ?
Quante volte viene usata la rete cellulare per la localizzazione di obiettivi militari ?
Quanti aerei sono stati dirottati per motivi di guerra dichiarata o terrorismo ?
Quante autobombe ci sono state ? e non credo che le auto siano state inventate per fare la guerra.

Nonostante sia assolutamente vero che la guerra da spesso un impulso alla ricerca, è anche incontestabile che l'evoluzione dei prodotti che stanno sul normale mercato va ad una velocità doppia rispetto a quelli militari.
A parte pochi eserciti, in tempo di pace le tecnologie usate dai militari sono sempre un passo indietro rispetto a quelle "ultimo grido" sul mercato.

Non credo quindi che senza guerre l'evoluzione tecnologica avrebbe rallentato molto, le soluzioni sarebbero comunque arrivate nel breve periodo perché sono il mercato e l'economia che muovono tutto, guerre comprese.

L'uomo da sempre costruisce ed utilizza strumenti per i propri scopi e lo fa nel momento in cui ne ha bisogno. Se serve li pensa, li realizza e li usa.
La tecnologia, ora digitale, in passato di altro tipo, non è altro che la via per crearli questi strumenti, indipendentemente se il contesto sia di guerra o di pace.

L'innovazione non è mai fine a se stessa, si innova veramente solo se il frutto di tale attività cambia in qualche modo le cose, possibilmente in meglio.

La famosa frase di Henry Ford "C'è vero progresso solo quando i vantaggi della nuova tecnologia diventano per tutti" presuppone il rischio, anzi la certezza, che tra quei tutti ci sia chi la userà e la farà evolvere per scopi differenti rispetto a quelli originariamente previsti.



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lunedì 1 dicembre 2014

Siete dipendenti dall' Information Technology?


Ho letto con interesse un articolo su Forbes dal titolo Are You Addicted to Information Technology?. È di un paio di anni fa ma parla di un argomento molto attuale, cioè di quanto le nostre abitudini siano ormai strettamente legate alla tecnologia, con un occhio particolare alla sicurezza.
Mi ha dato spunto per alcuni commenti e considerazioni, che troverete alla fine, e quindi ho deciso di tradurlo in italiano per facilitarne la lettura e la condivisione.




L'articolo: "Siete dipendenti dalla tecnologia dell'informazione ?"

(libera traduzione da Are You Addicted to Information Technology? del 20/08/2012 di John Mariotti)

Siete appassionati della tecnologia ?  Io si.
Pensate anche voi che la tecnologia sia una cosa bellissima ? Io certamente si !
Almeno fino al momento in cui qualcosa si rompe e smette di funzionare.
Quando ciò accade, siamo costretti con le nostre abitudini a ritornare all'epoca delle vecchie tecnologie, dei vecchi telefoni fissi, della posta "lumaca" e a ricominciare a comunicare di persona.

Quando l'information technology non funziona, ci manca terribilmente la facilità e la velocità di comunicazione (anche se impersonale), l'integrazione ("sincronizzazione") ed il veloce accesso alle informazioni che essa garantisce.

Come abbiamo fatto in passato a farne a meno?
In realtà ce la siamo cavata abbastanza bene, fino a quando non ne siamo diventati "dipendenti".
Ora però ne siamo schiavi !

Viviamo in un'epoca senza precedenti, di straordinaria connettività, di convergenza ed integrazione tra tutti i diversi tipi di tecnologia.
I computer, collegati a smartphone e tablet, ci permettono di parlare, messaggiare, gestire email, scrivere e leggere blog, siti web, registrare e guardare podcast audio/video e di comunicare a distanza in modo molto più semplice, completo e veloce.

Quando tutto funziona, (ammesso che ci sia stato l'impegno per capire come si usa), la tecnologia è una cosa meravigliosa, potente, abilitante e che fa risparmiare molto tempo.

Vi ricordate l'ultima volta che siete andati in un negozio o in una stazione di servizio quando i sistemi non funzionano ? Potete acquistare qualcosa?
Durante le interruzioni di corrente elettrica, i negozi possono restare aperti durante le ore diurne e, solo se la loro azienda lo consente, sono costretti a registrare le transazioni con carta e penna. In caso contrario, fino a quando i sistemi non tornano di nuovo on-line, vi diranno di tornare più tardi.

Avete mai iniziato un viaggio quando i sistemi informatici della compagnia aerea sono spenti ?
Risultato: il Caos ! I voli non possono essere gestiti, pianificati e prenotati, si ferma tutto.
L'unica cosa da fare è sedersi ed aspettare.

Che ne dite delle vostre preziose foto e/o video che avete caricato sul computer ? Se c'è un problema tecnico e si perdono c'è un modo per recuperare tutto ?
Probabilmente no !  Peccato, avete appena conosciuto il lato oscuro della tecnologia.

Se si pensa di inviare messaggini per incontrare qualcuno durante un grande evento come una partita di calcio con 100.000 spettatori, c'è una buona probabilità che i sistemi della società telefonica siano sovraccaricati e quindi non sia possibile usarli !
Scegliete in anticipo l'orario e il luogo di incontro.

Siamo assuefatti alla tecnologia ?
Ci potete scommettere che lo siamo. Quando la nostra email o l'accesso ad internet non sono disponibili ci sentiamo persi. E' terribile.

Ora, immaginate che il vostro telefono cellulare non funzioni e che non sia neanche possibile inviare messaggi, come diavolo si può fare per comunicare?
La maggior parte delle persone penserebbe di usare un telefono fisso. Ma se anche questo non funzionasse, come potrebbe fare ?

A molte persone in passato è capitato di avere l'email hackerata o il sito web rediretto.
Tutti noi riceviamo spam e siamo stati vittime di tentativi di phishing (pratiche ingannevoli per ottenere informazioni private).
Il furto di identità è un incubo tecnologico nuovo, ma succede spesso, troppo spesso.

La nostra dipendenza dalla tecnologia non è completamente negativa, ma è pericolosa.
Non sto suggerendo di diventare Luddisti, di tornare a comunicare solo a voce di persona o con testi scritti a mano. Nel mondo di oggi significherebbe disconnettere comunicazioni di vitale importanza.
Tuttavia non bisogna sottovalutare i problemi che la nostra dipendenza dalla tecnologia solleva.

Il più importante riguarda la sicurezza, si registra infatti un grande aumento dei tentativi di hackerare i sistemi per rubare l'accesso o i dati. Questi attacchi per alcuni tipi di sistemi si contano a milioni ogni giorno. Proprio così: milioni al giorno.
Si può anche essere fiduciosi sul fatto il proprio sistema sia in grado di opporsi ad un paio di attacchi al giorno,  ma se si utilizzano le carte di credito, si è iscritti ai social network e si è attivi su Internet, la propria vulnerabilità cresce in modo esponenziale.

Che cosa si può fare?
  1. Limitare l'esposizione sui social network.
  2. Eseguire il backup dei sistemi, non solo in automatico sul Cloud, ma anche personalmente.
  3. Utilizzare i migliori strumenti per la sicurezza (firewall, antivirus, ecc) e tenerli aggiornati.
  4. Prestare attenzione alle password, al loro aggiornamento (cambiamenti periodici) e alla loro robustezza. Non condividere le password con nessun altro, non importa chi.
  5. Essere consapevoli di quanto si è dipendenti dalla tecnologia e quindi crearsi più alternative da utilizzare caso di necessità. Aprire account di posta elettronica di backup, tenere un telefono fisso in aggiunta al vostro cellulare o telefono Internet.
  6. Sapere come contattare il proprio ISP (Internet Service Provider), quando ci sembra ci sia qualcosa di strano o di sbagliato.
  7. Imparare a trovare le pagine "preferenze e impostazioni" per la posta elettronica, la messaggistica e l'accesso al web, e capire come funzionano.
  8. Mantenere anche il backup cartaceo delle informazioni ritenute più critiche. Fatture, pagamenti, documenti legali e finanziari, numeri di telefono importanti e altre informazioni di contatto, ecc.
  9. Diventare più consapevoli che malware, furti informatici e cyber-terrorismo esistono. Stanno accadendo ora e la cosa peggiorerà. L'aumento dei dispositivi in rete aumenterà il rischio.
  10. Fare un elenco di emergenza con numeri di telefono e numeri di conto di tutti i fornitori di servizi: utenze, manutenzione, medici, avvocati, parenti, vicini di casa, e così via. Crearlo, memorizzarlo sul proprio computer ma dare anche copie delle stampate ai familiari diretti "in caso di emergenza".
In questa epoca di dipendenza dalla tecnologia, non esiste un modo unico e semplice per proteggere i nostri dati e i nostri sistemi. Tutto quello che si può fare è fare tutto ciò che si sa che si dovrebbe fare, per poi sperare che tutto continui a funzionare.


(John Mariotti è un dirigente di fama internazionale ed un autore premiato)


Considerazioni

Un breve articolo come questo non ha la presunzione di essere esaustivo, non è uno studio approfondito e probabilmente è stato scritto in poco tempo fornendo solo una visione parziale.
Mi sembra che l'autore, sicuramente una persona competente, si sia soffermato molto su alcuni aspetti a discapito di altri ugualmente importanti.

Fermo restando che tutte le cose che dice sono condivisibili, di seguito ne ho elencate altre che avrei evidenziato:

  • Si fa riferimento al disagio che si ha quando si rimane scollegati da internet, argomento che avrebbe meritato un maggiore approfondimento. Il termine Nomofobia forse 2 anni fa non era ancora molto noto.
  • Si parla molto dei pericoli che possono arrivare dall'esterno quando si è collegati in rete, ma non si accenna ai danni che ci si può procurare da soli se non si utilizza con attenzione la tecnologia. La causa più frequente della perdita di dati è dovuta all'errore umano, magari alla banale cancellazione di un file o di una directory per una disattenzione.
  • Vengono giustamente messi in evidenza i pericoli che si corrono usando le carte di credito su Internet. Non si dice però che percentualmente il rischio di clonazione è maggiore quando si fanno acquisti nei negozi normali o quando si fanno prelievi da sportelli bancomat "tarocchi".  Non si parla della possibilità di usare carte prepagate e paypal per limitare i rischi.
  • Analogamente, il furto dei dati personali e di identità sono all'origine di truffe anche nella vita outline.
  • Fare elenchi con informazioni importanti e distribuirle in giro (vedi punto 10) è il modo migliore per perdere la propria privacy. Non si sa mai in mano a chi possono andare.
  • Ci sono suggerimenti fondamentali per salvaguardare la sicurezza ma mancano alcuni strumenti importantissimi che è opportuno utilizzare:
    • Impostazione delle soglie e degli alert via SMS e via email sui siti che lo consentono (tipicamente carte e banche);
    • Programmi e APP con cui in caso di smarrimento o di furto è possibile localizzare gli smartphone ed eventualmente cancellare i dati contenuti;
    • Controllo della lista IP delle ultime connessioni al proprio account sulle applicazioni che forniscono il servizio.



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giovedì 6 novembre 2014

Il confronto XML vs JSON

L' XML (eXtensible Markup Language) è il formato più utilizzato per la condivisione di dati in formato open.
Non essendoci disponibili in passato altri standard altrettanto semplici e strutturati, l' XML è da parecchi anni la codifica migliore per lo scambio dati tra diverse applicazioni.

Nate in un contesto di sviluppo WEB/HTML, sul finire degli anni 90 le specifiche XML sono state consolidate dal W3C (World Wide Web Consortium) ed hanno permesso di estenderne l'uso anche in altri contesti applicativi, in particolare nell'Application Integration.

Questo linguaggio di markup, oltre ad essere ottimo per la gestione di dati testuali e numerici, può essere sfruttato, utilizzando gli opportuni encoding, anche per la rappresentazione ed il trasferimento di documenti, immagini, audio, video ed altre tipologie di files in genere.

Per facilitare l'uso dell'XML, nel tempo sono state sviluppate innumerevoli librerie e programmi software in grado di automatizzare il parsing, la validazione, l'interpretazione del codice e la conversione dei dati.


Negli ultimi anni sta prendendo sempre più piede l'utilizzo anche di un altro formato, il JSON (Javascript Object Notation), il cui successo è dovuto principalmente alla semplicità di utilizzo in ambito Web a supporto delle tecnologie Ajax e Javascript diffusissime nei siti dinamici di ultima generazione.
Nella sostanza, considerando la sintassi del codice e le modalità funzionali, le analogie tra XML e JSON sono evidenti, tuttavia ci sono effettivamente delle specificità che li distinguono e che fanno preferire uno o l'altro a seconda delle esigenze. 

Leggibilità

Uno degli aspetti da considerare in un linguaggio di codifica testuale dei dati, è la facilità con cui una persona può leggere e comprendere le informazioni contenute.
Premesso che entrambi i formati sono molto leggibili ed è quindi soprattutto una questione di abitudine personale, tuttavia JSON sotto questo aspetto si fa preferire per una sintassi più snella, con meno vincoli, opzioni e tag di formattazione.

Interoperabilità

Un altro tratto comune tra JSON e XML è che implementano caratteristiche di Auto-Descrizione (Self-Describing) ed Internazionalizzazione dei dati (Internationalization).
Entrambi utilizzano standard e codifiche che permettono la manipolazione delle informazioni mediante utilizzo di strumenti software generici.  Ciò ne ha facilitato l'uso in una vasta gamma di applicazioni.

Gli strumenti di descrizione e validazione (dtd e xsd), i linguaggi di navigazione all'interno dei nodi (xquery e xpath) e le librerie di elaborazione a disposizione per l'XML sono sicuramente più consolidate ed affidabili, pertanto si fanno preferire in un contesto di integrazione tra sistemi, di Web Services con transazioni Server to Server.
Grazie a questi aspetti, il formato XML è spesso utilizzato anche per implementare su files veri e propri database strutturati.

In una tipica interazione Web Client->Server (siti web, App) invece le caratteristiche del JSON sono più indicate in quanto, oltre che essere un linguaggio più leggero (una minore verbosità corrisponde ad una minore grandezza dei file e quindi a performance migliori nel trasferimento dati), è immediatamente integrato con la programmazione Javascript e per lo scambio dati con i meccanismi Ajax.

Estensibilità

La possibilità di estendere gli attributi dei dati memorizzati permette all'XML di essere più flessibile.
Mentre JSON si limita a gestire solo dati classici come testo e numeri, l'XML consente di memorizzare e descrivere in modo più completo qualsiasi tipo di dato.

Inclusione di altri file

Con XML è possibile includere file di qualsiasi formato, questo significa che è possibile inserire documenti, foto, audio, video e altri file all'interno di un file XML (file embedded).
La stessa cosa non è possibile farla con JSON.

Trasmissione di dati alfanumerici

Con JSON i dati sono memorizzati in array e object mentre in XML le informazioni sono strutturate ad albero.
Entrambe le soluzioni hanno i loro vantaggi, ma utilizzando le tecnologie web di ultima generazione il trasferimento dati è molto più semplice e veloce quando i dati sono già organizzati in un modo direttamente interpretabile con la programmazione orientata agli oggetti.

Questo rende il JSON più indicato per importare i dati di testo e numerici con diversi linguaggi e quindi è da molti considerato migliore per lo sviluppo di funzionalità web con elaborazione lato client.

Per fare la stessa cosa con l'XML bisogna trasformare i dati prima di poterli utilizzare all'interno del programma.

Conclusioni

XML ha sicuramente uno spettro di utilizzo molto più vasto dovuto sia alle caratteristiche intrinseche nel linguaggio stesso sia al fatto che intorno a questo formato si è da tempo evoluto un mondo molto significativo di direttive, metodologie, strumenti ed applicazioni.

JSON invece, in forte ascesa solo da qualche anno, si caratterizza per la semplicità nella rappresentazione ed è ottimo per la serializzazione e la trasmissione di dati di tipo classico.

XML è un linguaggio di markup in grado di gestire in modo completo qualsiasi tipo di informazione, mentre JSON è un formato di interscambio dati che risulta essere di più agile utilizzo in determinati contesti.

venerdì 10 ottobre 2014

Quanto influenza Gartner ?

Gartner, la famosa multinazionale leader nella consulenza strategica, ricerca ed analisi nel mondo dell'Information Technology, è generalmente considerata una sorta di detentrice della verità assoluta, una Cassandra che predice le tendenze future in base alle informazioni del presente e del passato.

Partendo da statistiche, notizie, eventi, verifiche e ricerche, Gartner fornisce con grande competenza una vision di alto livello sulle evoluzioni del mondo IT,
Gartner analizza le tendenze, osserva il mercato e, lavorando anche a stretto contatto con le aziende, riesce a fotografare un mondo che evolve velocissimo.

Non esiste meeting che si rispetti in cui non venga citato qualche report di Gartner.
Spesso nelle convention azendali l'ospite d'onore è proprio un rappresentante della suddetta società in grado di sperticarsi in discorsi sui massimi sistemi e conquistare una platea il più delle volte non preparata e che quindi alla fine capisce ben poco.

Sulle direttive di Gartner le aziende più cool fondano parte delle strategie o quantomeno spesso giustificano le proprie scelte facendo riferimento alle informazioni che seguono al "Gartner dice che.....".

Non volendo mettere assolutamente in discussione la qualità del lavoro Gartneriano, è lecito porsi alcune domande:

  • Gartner analizza il mondo IT, ma quanto essa stessa lo influenza ?
  • Qual'è la percentuale delle previsioni che poi si verificano anche nei numeri ?
  • Quale quota parte di eventi annunciati poi si verifica proprio perché è stato prima suggerito da Gartner?
  • Quale incidenza hanno le analisi di Garner sul fatto che poi si verifichino ? In altre parole, se Gartner indica una tendenza, data la sua autorevolezza, è probabile che venga seguita e quindi è anche più semplice da prevedere.

Sarebbe interessante avere da Gartner anche report di questo tipo.
Chissà se fanno anche queste analisi.
Sicuramente si.

Image courtesy of jscreationzs at FreeDigitalPhotos.net